Ruth Dureghello: «Per Pesach chiusi in casa come durante la schiavitù d'Egitto, dopo apprezzeremo la libertà»

La tavola di Pesach
di Francesca Nunberg
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Mercoledì 8 Aprile 2020, 14:04 - Ultimo aggiornamento: 15:02

Perché questa sera è diversa da tutte le altre sere? Rispondere alla domanda che i bambini come da tradizione faranno stasera durante il seder di Pesach, la Pasqua ebraica, quest’anno sarà ancora più difficile. «Siamo di fronte a una diversità ulteriore - dice Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana - che speriamo resti isolata ma che sarà una nuova esperienza e porterà un momento di riflessione. La riscoperta di valori antichi e questa sopraggiunta necessità collettiva che ci impone di festeggiare ciascuno a casa sua, rispettando il precetto più importante, quello di proteggere la vita nostra e degli altri».

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Dopo un dibattito che si è sviluppato nelle settimane scorse sulla possibilità, causa coronavirus, di riprodurre le grandi tavolate familiari in via digitale collegandosi a Zoom o ad altri sistemi di videochiamata, i rabbini hanno stabilito che questo Pesach 5780 non avrà deroghe particolari. La festa, che ricorda la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, comincia stasera al tramonto ed è una delle più importanti e ricche di significati dell’ebraismo. Occorrono diversi giorni di preparazione per pulire la casa eliminando ogni traccia di cibo lievitato che viene poi distrutto con un rito collettivo, si prepara la cena rituale, scandita dalla lettura della Haggadah, si pronunciano le tre parole chiave della festa: Pesach (oltrepassare), Matzah (pane azzimo) e Maror (erba amara).

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Sarà triste quest’anno non poter riunire le famiglie?
«Bisogna rispettare l’insegnamento dei maestri che ci ha reso quello che siamo e che ci ha consentito di attraversare periodi ben più oscuri - risponde Ruth Dureghello - Io non sono un medico e non prescrivo medicine, allo stesso modo rispetto le regole dei rabbini, che sono stati chiari, non si cavalca un momento di difficoltà allontanandosi dalle tradizioni».

Esistono aspetti simbolici nella festa di Pesach che si possono considerare attuali in questo momento?
«L’uscita degli ebrei dall’Egitto, dopo generazioni passate in schiavitù, sconfiggendo il male rappresentato dal faraone, ricorda l’emergenza che stiamo vivendo oggi. Guadagnare la libertà ci ha permesso come popolo di esistere e di riconoscerci sotto la guida di Mosè. Ci sono state le dieci piaghe d’Egitto, i quarant’anni di incertezza nel deserto, è passato l’angelo della morte che ci ha trovati chiusi nelle nostre case come saremo stasera...».

Poi è stata raggiunta la Terra promessa.
«Infatti, il paradigma è vicino. Adesso siamo costretti, anzi ci costringiamo, a stare nelle nostre case, ma dopo potremo apprezzare il valore della libertà. Non se ne comprende mai il senso fintanto che non viene limitata, ma arriverà e imporrà un cambiamento».

Saremo migliori?
«La società sarà diversa, ma renderla migliore sarà compito nostro. Ci saranno difficoltà economiche, stravolgimenti sociali, cambiamenti nel lavoro e nella famiglia, servirà l’impegno di ciascuno di noi. In un sistema di responsabilità individuali, fiducia reciproca, solidarietà collettiva».

Andrà tutto bene?
«Non me la sento di dirlo, perché forse non sarà così per tutti. Non dobbiamo illudere nessuno che dopo sarà la stessa cosa. Ci saranno sacrifici, dobbiamo preoccuparci dei malati, pregare per loro e per tutti coloro che si stanno adoperando, medici, infermieri, protezione civile».

L’identità ebraica risentirà di questa emergenza? 
«La storia ci ha insegnato che affronteremo qualunque cosa sarà. La lettura dell’Haggadah di stasera dice “schiavi noi fummo in terra d’Egitto”, conosciamo il senso delle privazioni, questo ci aiuta ad apprezzare di più quello che abbiamo attorno. Abbiamo passato il Mar Rosso e attraversato il deserto “con i cammmelli e i cavalli”, Pesach ci insegna a difendere la nostra identità nonostante le avversità, vivere da ebrei significa uscire da questa crisi assieme».

Poi la presidente saluta prima di andare a preparare i carciofi per il seder di stasera che farà con il marito e i due figli, e ha un ultimo pensiero proprio per i ragazzi: «Si sono comportati benissimo in questo frangente.

Non avremmo mai creduto i nostri figli capaci di rinunciare agli amici, alla discoteca, alla passeggiata, invece sono stati rigorosissimi. Sono felice di aver scoperto questa sensibilità dei giovani, ben più adeguata al tempo e alle necessità di quella di tanti senior...». 

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