Luca Diotallevi (Ac): «I confini dell'Europa e il ruolo di Terni»

Luca Diotallevi
di Luca Diotallevi
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Mercoledì 8 Aprile 2020, 11:26

È nei momenti critici che bisogna interrogarsi sul futuro e così cominciare a costruirlo. Questo è uno dei grandi insegnamenti che ci sono stati donati dalle generazioni che ci hanno preceduto.
Interrogarsi sul futuro di Terni significa porsi una domanda: Terni, a chi interessa? Perché, se Terni interessa solo ai ternani, la partita è persa in partenza. La Terni novecentesca nacque perché alle politiche di difesa di una nascente potenza europea (tale era l'Italia sul finire dell'800) serviva qualcosa che Terni aveva: una certa collocazione geografica e una fonte di energia a basso costo.
Ma oggi, Terni ha ancora un qualche valore geopolitico? Una Terni vitale può essere utile ad una qualche strategia di respiro globale? La risposta, purtroppo è: sì e no. No, ed infatti a Terni sempre meno si viene (persone, famiglie, imprese) mentre da Terni sempre più si fugge (i migliori ed i più giovani). Sì perché alcune possibilità ancora restano. Riattivare a Terni una competizione tra persone, gruppi, idee ed interessi sui nodi davvero decisivi può essere il modo per far pendere l'ago della bilancia verso il sì piuttosto che verso il no.
A questo può servire condividere una agenda di problemi cruciali intorno ai quali confrontarsi e competere. Lo sforzo richiesto è notevole. Bisogna avere il coraggio di lasciar fuori questioni importanti, per concentrarsi solo sulle poche importantissime. Serve la forza morale di scontentare molti e quella di rischiare. Altrimenti c'è solo retorica: quella di cui sono stati campioni i gruppi dirigenti ternani (politici e non) degli ultimi quarant'anni. Una retorica che ha alimentato fortune individuali e sfortune collettive, che ha consentito a tanti politici (e non solo) di guadagnarci perdendo.
Vale la pena tentare. Per cominciare, però, serve una risposta alla domanda sul valore geopolitico di Terni oggi. La scala alla quale muoversi è per lo meno quella continentale. L'Unione Europea resiste come straordinario esperimento di innovazione politica e civile. Nel frattempo, tanti fattori rendono sempre più incerto il confine sud della Ue. Fra dieci anni, nella realtà e non solo sulle cartine, questo confine passerà sul Po oppure più a sud sino ad includere anche la parte centro-meridionale della penisola? La forza della direttrice adriatica (da Pesaro a Lecce) farebbe propendere per la seconda ipotesi. La crisi drammatica di Roma e di Napoli rischia di rendere più probabile la prima ipotesi. In questa situazione di incertezza, la ripresa delle città medie del Centro Italia può aumentare le possibilità della prima soluzione: aiuterebbe a tenere più Italia dentro l'Europa ed a mantenere l'Europa nel delicatissimo scacchiere mediterraneo. Di conseguenza, se si riesce ad incardinare la questione ternana nella questione dell'Italia Centrale, la sorte di Terni potrebbe cessare di interessare solo i ternani. È per cogliere questa possibilità che serve una agenda, ed una agenda essenziale e coerente, che aiuti la comunità ternana a concentrare la competizione che la anima su nodi veramente cruciali.
Proveremo allora con una agenda fatta di solo cinque nodi: scala, connessioni, attori primari, opportunità, varietà.
 Proviamo a selezione solo cinque nodi.
1. Scala. Terni a Terni non basta. Per avere la forza di imporsi, servono dimensioni maggiori: le dimensioni della Grande Terni (quella del suo Sistema Locale del Lavoro, tra 150.000 e 180.000 abitanti). Il paradosso è che mentre la Grande Terni esiste (fatta di persone che con i loro spostamenti per studio e lavoro ogni giorno la fanno esistere) è la piccola Terni che non esiste più (quella delle cartine amministrative e di cinquant'anni di meschina politica locale). Non solo, esistono già persino gli strumenti amministrativi necessari a coprire velocemente il tragitto che va dalla costituzione di agenzie per funzioni specializzate tra i comuni dentro ed appena fuori la conca (a partire da Terni e Narni) sino alla creazione di un unico comune (in cui resteranno aree di autonomia per i singoli centri). Questa nuova realtà (condizione non sufficiente, ma necessaria) avrebbe il peso per tessere alcune delle indispensabili alleanze strategiche: prima con Foligno e Spoleto (l'Umbria Flaminia, polo strategico ancor più rilevante) e poi con altre città medie dell'Italia Centrale (marchigiane innanzitutto).
2. Connessioni. Non basta parlare di reti in generale, dobbiamo scegliere da dove partire. Ferma restando l'urgenza di una connessione digitale di avanguardia, è urgentissimo (e possibile) dare maggiore velocità alle comunicazioni ferroviarie Roma-Ancona ed alla E45. Ciò significa attivare il circolo virtuoso che per un verso mostra e per altro verso mette all'opera il valore strategico primario di Terni e dell'Umbria Flaminia.
3. Attori primari. Le multinazionali che ancora si addensano nel tessuto economico ternano non sono né ospiti indesiderati né vacche da mungere, costituiscono invece una delle poche ricchezze rimaste. Sono attori economici veri: di mercato (non assistiti) e di respiro globale. Occorre rendere sempre più conveniente e stabile il loro intreccio con il tessuto economico locale (formazione e ricerca incluse). A Terni è innanzitutto lo Stato (e la Regione) che ha fallito, non le multinazionali.
4. Opportunità. Sicurezza, sanità, istruzione e risorse ambientali sono beni che nell'area ternana hanno una concentrazione e una qualità molto superiori alla media dell'Italia Centrale e Meridionale. Anche la quantità, lo stato ed i costi del patrimonio abitativo inutilizzato ci avvantaggiano ancora rispetto a questa porzione di paese. Il contributo alla crescita che viene da questi tipi di beni è evidente e non va ripetuto. È semmai il caso di ricordare quanto queste opportunità, unite alla velocizzazione delle comunicazioni con l'area romana, possono favorire anche la attrazione di nuovi residenti ed arginare il declino demografico tremendo in atto nella nostra area. E vale la pena ricordare anche un'altra dura verità. Nessuna economia locale e nessuna città si reggono solo sul turismo: il turismo può aggiungersi ad altri fattori di crescita, non sostituirli. Solo chiarito ciò si può osservare che la rete delle città medie umbro-marchigiano (Terni-Spoleto-Foligno-Assisi-Gubbio-Fabbriano-Macerata-Ascoli) oggettivamente disegna i bordi di quello che per valore naturalistico potrebbe essere uno Yellowstone europeo e che per patrimonio artistico, religioso ed enogastronomico potrebbe essere molto di più.
5. Varietà. Sui banchi di scuola ogni giorno i docenti ternani vedono trasformarsi la varietà culturale ed etnica delle loro classi in un fattore di capovolgimento delle graduatorie dei rendimenti scolastici. È ora di dirci chiaramente che a Terni molti primi della classe sono figli di famiglie immigrate e che dovremmo cominciare a prendere esempio. Questa positiva sovversione potrebbe allargarsi ad altri ambiti sociali e potrebbe ripetere quanto si verificò oltre un secolo fa, quando a mescolarsi ed a formare nuove e più dinamiche élites locali furono neo-ternani provenienti dal resto della penisola.
Aggiungere ancora qualcosa? Togliere, semmai. La lancia che ci serve deve essere ben appuntita.
Qualcuno potrebbe chiedersi: e la Regione? Come guida ha fallito e come contenitore è inutilizzabile. In cinquanta anni ha estratto da Terni (e non solo) molto più di quanto ha offerto. Se vuole reinventarsi come insieme di agenzie di servizi alle città, può ritrovare una sua grande utilità. Altrimenti resta un ostacolo. Qualcosa di simile potrebbe essere detto della Università di Perugia: starci alla pari potrebbe convenirle, altrimenti: abbiamo già dato.
Presidente dicoesano Azione Cattolica Terni

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