Coronavirus, regole diverse per Regione: in Veneto guanti obbligatori e in Piemonte niente colf

Il mercato ortofrutticolo e del pesce a Rialto, Venezia
di Diodato Pirone
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Martedì 7 Aprile 2020, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 11:54

Non occorre avere una laurea in sociologia per sapere che ogni organizzazione umana si autotutela con regole che ne contrastano altre. E così per combattere l’epidemia del Covid 19, un virus unico in tutto il mondo, in Italia si sta diffondendo un localismo francamente cacofonico. Di fronte alla buona prova di autodisciplina della popolazione infatti le autorità locali sono spesso partite per la tangente. Il caso “mascherine si mascherine no” è solo la punta dell’iceberg. Di fronte ad una epidemia senza confini le Regioni hanno adottato tattiche diverse.

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Chi ricorrendo a massicce campagne di tamponi, chi ospedalizzando massicciamente i malati. Le Marche hanno addirittura fissato propri parametri per definire i guariti. Ma fin qui si potrebbe pensare a diversità di vedute fisiologiche. Meno giustificabile invece la puntigliosità di alcune ordinanze sulle chiusure domenicali dei supermarket oppure sull’obbligo o meno di portare i guanti quando si fa la spesa o quando si sale su autobus. Nella bergamasca un sindaco ha persino fissato i giorni per la spesa a secondo del sesso. 
Da registrare a parte il caso della Campania che ha adottato una linea di anti-Covid durissima ad esempio chiudendo i barbieri una settimana prima del governo. La Regione Campania ora si sta caratterizzando per la decisione di versare circa 600 milioni di euro ai propri cittadini a basso reddito. Una decisione inedita e di portata enorme. Per dirne una: ogni piccolo imprenditore campano riceverà 2.000 euro oltre i 600 euro previsti dal governo nazionale. Resta una domanda: perché in Campania si e in altre Regioni no? Vediamo nel dettaglio.

Lombardia: Una delle peculiarità delle ordinanze della Lombardia riguarda la chiusura degli studi professionali. Nella Regione più colpita dalla ferocia del Coronavirus fino all’inizio di marzo si è cercato di contenere l’epidemia dentro la zona rossa di Codogno e si è persino cercato di rivitalizzare la vita sociale di Milano. Poi però la Regione ha scelto la strada del rigore inasprendo le misure di chiusura delle attività produttive decise dal governo centrale. Di qui, tra l’altro la decisione di chiudere studi professionali che invece il Dcpm del governo in un primo monìmento teneva aperti.

Veneto: Il Veneto ha mantenuto un proprio profilo fin dall’inizio dell’epidemia. La Regione ha cercato sempre di caratterizzarsi anche su dettagli di peso tutto sommato limitato rispetto alla portata della pandemia. Ad esempio la Regione ha previsto la chiusura di domenica anche dei supermercati alimentari che invece restano aperti altrove. Il Veneto è stata la prima Regione a parlare di passeggiate entro i 200 metri dalla propria abitazione (il decreto del governo parlava di “prossimità”). Qui è necessario uscire con i guanti, obbligatori da ieri anche sui mezzi pubblici.

Piemonte: Una delle limitazioni più forti messe in atto dalle Regioni arriva dal Piemonte che con l’ordinanza 36 del 3 aprile ha, tra l’altro, vietato il lavoro a colf e badanti ad eccezione di casi nei quali questa prestazione personale sia fornita a persone non in grado di essere autosufficienti. Il Piemonte ha anche regolato in maniera dettagliata l’accesso ai mercati all’aperto che devono essere recintati dai Vigili Urbani per consentire l’ingresso nell’area ad una sola persona per volta per ogni banco alimentare.

Marche: Quando l’epidemia avrà smesso di mordere occorrerà capire come sia stato possibile che le Marche, una delle più colpite dal Covid 19 in proporzione alla sua polazione tra l’altro, abbia potuto stabilire nel silenzio generale proprie regole (più severe) per stabilire chi fosse guarito dalla malattia. A ieri le Marche avevano 396 guariti su 4.600 casi contro gli 850 guariti su 4.500 casi della Liguria e i 500 guariti sui 4.000 contagiati del Lazio. Possibile che gli effetti di un virus siano diversi al di là di un confine amministrativo?

Messina: Nel caos generato dall’eccessivo numero di centri di potere va segnalato il generale buon comportamento dei sindaci che con una decisione dell’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni, hanno deciso di rinunciare ad emettere proprie ordinanze. L’eccezione alla regola è arrivata dal Comune di Messina che addirittura intende imporre una prenotazione di 48 ore per chi sbarca nel porto della città nonostante i controlli della Polizia all’imbarco di Reggio Calabria.

Bergamo: Alcuni sindaci di piccoli centri non hanno resistito alla tentazione di disciplinare a proprio modo le disposizioni dei Dcpm del governo. Per ridurre le uscite delle persone che vanno a fare la spesa il sindaco di Canonica, in provincia di Bergamo, ha disposto che martedì, giovedì e sabato possano uscire solo le donne (anche per andare alle Poste) mentre gli altri giorni sono riservati agli uomini. In un comune della Sardegna un sindaco ha previsto che i supermercati prendessero i nomi di chi faceva la spesa.

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