Coronavirus, Gemelli e Spallanzani: più respiratori per la svolta»

Una sala del Policlinico Gemelli
di Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Martedì 7 Aprile 2020, 09:16 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 08:04

«Queste settimane sono state una baraonda, una trincea. Il virus ci ha costretto a turni di lavoro senza sosta, abbiamo triplicato quelli di notte, le pause sono poche, abbiamo rafforzato al massimo i laboratori in modo da avere diagnosi a ciclo continuo per i pazienti. Ma si è sviluppato anche un forte spirito di squadra. E avvertiamo la vicinanza dei romani, sentiamo l’affetto dei lettori del Messaggero», racconta Antonio Di Caro, virologo e direttore del laboratorio di Microbiologia e della Banca biologica dello Spallanzani.

Coronavirus, l'infettivologo Roberto Cauda: «Il numero così elevato delle vittime figlio di quando l’Italia era ancora aperta»

Coronavirus Roma, Francesca, la studentessa che aiuta il Gemelli: «Guanti e tute per i medici, è bastata una mail in Cina»
 



È l’unità che raccoglie i campioni dei pazienti affetti da Covid-19 per utilizzarli nella ricerca e per validare i tamponi e i test sierologici di cui si sente molto parlare in questi giorni. Proprio allo Spallanzani e al policlinico Gemelli è diretta la sottoscrizione del nostro giornale per acquistare subito nuovi respiratori e aumentare i posti letto in terapia intensiva. L’unico modo per essere certi che a Roma non si arrivi mai a scenari drammatici, come quelli in cui si è costretti scegliere chi salvare. Ai due pilastri della lotta al coronavirus nella Capitale sono già stati donati 200mila euro, grazie alla generosità dei lettori, soldi che permetteranno di comprare i primi 12 ventilatori polmonari. Complessivamente, insieme con gli altri quotidiani della Caltagirone Editore, è stato raccolto un milione di euro. E ora la gara di solidarietà va avanti, per permettere ai due ospedali in trincea di avere altri respiratori ancora. Perché la guerra al Covid non è finita.
 
«Questo è un virus nuovo – rimarca Di Caro – non solo non c’è un vaccino, ma stiamo ancora studiando come si evolve. Quello che abbiamo capito è che i danni maggiori sono legati alla sua capacità di replicarsi e alla risposta immune che scatena. Per semplificare potremmo definirla una risposta esagerata. Una difesa portata all’eccesso che moltiplica l’impegno respiratorio: da qui la necessità dei ventilatori polmonari per affrontare questa fase». La più delicata, dove si lotta tra la vita e la morte. «Solo superandola si può sperare di avviarsi alla guarigione», spiega il virologo dello Spallanzani. «Nessuno sa se ci sarà una seconda ondata di contagi, ma una cosa si può dire: possiamo sconfiggere questo virus se continueremo ad avere le armi adatte». La prima arma? Il direttore del laboratorio di Microbiologia non ha dubbi: «I respiratori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA