Coronavirus, in Umbria fase 2 subito
«Si parte da digitale e telemedicina»

Coronavirus, in Umbria fase 2 subito «Si parte da digitale e telemedicina»
di Italo Carmignani e Fabio Nucci
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Martedì 7 Aprile 2020, 08:45
PERUGIA Umbria laboratorio per programmare la ripartenza? Un’ipotesi più che plausibile alla luce dell’evoluzione del contagio nel territorio e per alcuni dei suoi tratti distintivi, da quelli legati alla qualità della vita a quelli socio-culturali. Così, sul silenzio prodotto da blocco produttivo e distanziamento personale, la regione potrebbe ricostruire anche la sua identità economica. «L’impatto della crisi generata dall’emergenza sanitaria, per una regione mai uscita dalla crisi del 2008 – osserva Michele Fioroni, assessore regionale allo Sviluppo economico - può rappresentare un’occasione per riportare nel territorio filiere industriali o per crearne nuove».
Con la fase due dell’emergenza sanitaria imminente, l’urgenza di programmare “lo sblocco” si avverte ogni giorno di più. «Se non la prepariamo oggi – osserva Mauro Casavecchia dell’Agenzia Umbria ricerche - quando tale fase inizierà non sarà gestibile perché poi saremo esposti di nuovo a chissà quali turbolenze. Se non si programma in modo intelligente, si rischia di essere soggetti a recrudescenze del virus, nuovi focolai che imporrebbero nuove chiusure e questo sarebbe ancora più deleterio per il sistema economico». Un compito non facile ma sul quale occorre intervenire subito. «Come? Ad esempio, mettendo a punto le strategie di riapertura in zone delimitate, dove il contagio è stato inferiore, in modo da utilizzare questo tempo per sperimentare soluzioni da estendere poi al resto del Paese».
Per le sue dimensioni territoriali, ma anche per la sua vivacità culturale e imprenditoriale, l’Umbria si può candidare per recitare tale ruolo. «Considerando la dimensione e alcuni elementi di contesto come la presenza di un importante polo universitario, un basso costo della vita e del lavoro, un potenziale sistema turistico da riattivare – aggiunge Fioroni - l’Umbria può rappresentare una sorta di laboratorio dove testare, a livello sistemico, politiche territoriali da replicare. Per questo stiamo studiando strumenti finanziari che valorizzino l’integrazione delle filiere e la patrimonializzazione delle imprese, specie considerando che, come fattore di debolezza, il modello umbro ha un sistema manifatturiero dipendente da economie esterne che risentono delle criticità mondiali sulle catene di approvvigionamento. Un sistema di sub fornitura legato, quindi, alla produzione di beni intermedi il cui prodotto finale è realizzato in altre regioni e paesi».
Proprio questa dipendenza dai mercati esterni, considerando anche l’assetto di sub-fornitura di molte imprese, potrebbe generare ritardi nella ripartenza. «Agli effetti di blocco produttivo, rischiano di aggiungersi quelli della domanda», aggiunge l’assessore Fioroni. «È inoltre prioritario ridurre l'impatto in termini di fallimenti e chiusure di imprese che avrebbero effetti negativi anche sulla domanda interna. Per questo andranno favorite strategie di specializzazione che integrino filiere territoriali o ne attivino di nuove, ad esempio, in comparti come digitale, telemedicina, tech-food, agrifood o chimico: settori in cui esiste anche una forte specializzazione del sistema di ricerca universitaria. Potrebbero nascere veri e propri poli di specializzazione». Un modo per riconquistare quell’attrattività che nel tempo si è persa, ad esempio, a causa delle delocalizzazioni. «A fronte di un’ipotizzabile rilocalizzazione di certe filiere, se incentivata, l’Umbria potrebbe risultare strategica come “destination” dove riportare processi produttivi, presentandosi come regione attrattiva per l’alta qualità percepita della vita, i bassi costi (ad esempio quelli correlati agli affitti) e la densità culturale del territorio». A patto che il sistema regionale agisca all’unisono per esaltare quegli elementi in grado di attrarre gli investimenti industriali. «Ad esempio, collegamenti con hub internazionali; servizi che rendano più accettabile lo spostamento del management nella regione; scuole internazionali; una programmazione artistica e culturale: fattori che potrebbero attrarre anche famiglie, trasformando l’esperienza di lavoro in un rapporto più duraturo».
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