Coronavirus, allarme bombole per l'ossigenoterapia domiciliare: sono sempre meno

Unità di base destinati all'ossigenoterapia domiciliare durante la fase di ricarica e sanificazione
di Giuseppe Scarpa
3 Minuti di Lettura
Domenica 5 Aprile 2020, 09:17 - Ultimo aggiornamento: 10:22

Il Paese non è affamato solo di mascherine chirurgiche. L’emergenza coronavirus apre un nuovo fronte: le unità di base e le bombole per l’ossigenazione a domicilio. Strumenti indispensabili per combattere il coronavirus. Sempre più pazienti positivi al virus, in condizioni di salute accettabili, vengono dimessi dagli ospedali. È una necessità. Si liberano posti preziosi in terapia intensiva e si inviano le persone a casa.

Coronavirus, controlli incrociati per capire se funziona il test rapido

Nei loro appartamenti, ormai fuori pericolo, proseguono la parte finale della cura. In Italia sono presenti 3 milioni e mezzo di unità di base e 1 milione di bombole distribuite tra pazienti, ospedali e farmacie. Dispositivi impiegati per aiutare persone affette dalle più disparate patologie.  Ma se la produzione di ossigeno non è un problema per il sistema paese, al contrario gli strumenti per i "trattamenti casalinghi" iniziano a diventare merce rara. Non si dispone di un parco infinito e la fabbricazione di questi strumenti richiede del tempo. Anche un mese.

Ecco perché è stata lanciata la campagna social #vuotanonserve. In molti, in Italia, hanno tra le quattro mura bombole che non utilizzano, l’invito è quello di restituirle alle farmacie o direttamente ai produttori. L’Assogastecnici – che racchiude i principali produttori di gas – ha chiesto alla regione Lombardia di recuperare le strutture come vecchi ospedali o Rsa, dove sono presenti impianti di distribuzione dell’ossigeno, per ospitare pazienti dimessi che hanno ancora bisogno di ossigenoterapia. Un modo per alleggerire l’impego degli strumenti nei domicili.

Il Paese, in piena emergenza coronavirus, divora quantità industriali di ossigeno. In tempi di pace se ne consumano 90 milioni di litri. In questi tre mesi c’è stata un’impennata vertiginosa. Da gennaio a marzo il Gruppo Sapio, tra i leader del settore in Italia, ha incrementato la produzione del 200%. Molti ospedali vengono riforniti di continuo. I tank, ovvero le cisterne che conservano l’ossigeno fuori dai nosocomi, sono riempite a ritmo costante. Insomma è cresciuto il lavoro, lo sforzo dell’industria italiana regge l’urto dell’emergenza. Tuttavia l’impatto sull’ossigenoterapia a domicilio si fa sentire di più.

Il gruppo Sapio ha visto schizzare verso l’alto le richieste, durante l’emergenza Covid-19. Tra Bergamo e provincia l’aumento di ossigeno liquido e gassoso è stato del 400/600%. In altre provincie della Lombardia del 200%. E perciò anche il reperimento degli strumenti che erogano l’ossigeno è andato verso l’alto. Se percentuali simili dovessero registrarsi anche in altre regioni d’Italia, unità base e bombole, potrebbero diventare merce rara. Proprio come le mascherine chirurgiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA