Sulmona, la "bomba" della San Raffaele: decine di contagi, ipotesi zona rossa

La clinica San Raffaele
di Patrizio Iavarone
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Sabato 4 Aprile 2020, 11:01
SULMONA - L’onda lunga del contagio è arrivata anche in Valle Peligna, come si temeva, come purtroppo era fin troppo prevedibile. Solo nella giornata di ieri, che tra l’altro ha fatto registrare il primo morto in ospedale (un sessantacinquenne di Pescara), sono stati 26 (ventitré pazienti e tre operatori sanitari) i positivi al Covid e tutti, in qualche modo, riconducibili alla clinica San Raffaele.

E’ qui che è esploso, ormai, uno dei focolai più grandi e preoccupanti della regione, verosimilmente acceso da una paziente di Teramo che il 10 marzo scorso era stata trasferita dall’ospedale Humanitas di Bergamo, la quale, seppur con un solo tampone negativo eseguito la settimana prima, sarebbe arrivata a Sulmona già con evidenti sintomi di contagio.

Il dipartimento della protezione civile ha contato a ieri solo nella clinica un totale di 33 casi positivi (ma la Asl ne indica 30) sui circa 90 tamponi eseguiti finora, un numero che forse è destinato anche ad aumentare essendo ancora in corso diversi test sul personale e sui familiari di questi.

Una situazione preoccupante che ha portato ieri la sindaca della città, Annamaria Casini, ad ipotizzare la richiesta di riconoscimento di zona rossa al presidente Marco Marsilio (ma la Asl ha già spiegato che non ricorrono le condizioni) e, nell’immediato, a valutare un’ordinanza restrittiva, in accordo con il prefetto, sulla clinica stessa. Il provvedimento dovrebbe prevedere un cordone sanitario, ovvero il divieto di uscire dalla struttura anche per il personale: una sorta di quarantena collettiva, insomma, che tuttavia potrebbe essere tanto utile, quanto tardiva.

Negli ultimi venticinque giorni, infatti, dalla clinica sono entrate e uscite diverse persone tra pazienti dimessi e operatori e solo negli ultimi giorni, da quando una decina di giorni fa venne cioè registrata la prima positività di un’infermiera e della stessa paziente proveniente da Bergamo (e ora ricoverata a Chieti), è stato disposto l’isolamento sanitario attivo per nove operatori, due dei quali, asintomatici, hanno continuato a lavorare nella struttura.

Il rischio è che in questo arco di tempo il virus possa aver circolato liberamente, tanto più che i pazienti dimessi sono a loro volta entrati a contatto con gli operatori del servizio domiciliare per proseguire le terapie da casa
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