Contagiato l'ex arbitro di rugby Mario Angelantoni: "Ora sto bene"

Mario Angelantoni, al centro in divisa da arbitro, in una foto datata tra i giocatori dell'Aquila Rugby Scipioni (a sin.) e Fugaro
di Stefano Castellani
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Sabato 4 Aprile 2020, 01:18 - Ultimo aggiornamento: 12:08
«Sono sorpreso e direi onorato di come la mia città stia reagendo a questa notizia funesta». A parlare è l’ex arbitro di rugby, l’aquilano Mario Angelantoni, per gli amici “Peocchio”, già giocatore dell’Aquila Rugby, ricoverato in ospedale in Lombardia, a causa di una forma lieve di Covid-19.

Voglio rivolgere un sentito ringraziamento a tutti gli amici aquilani che mi stanno inviando messaggi di pronta guarigione- dice Angelantoni al telefono-. Insomma non mi sento solo! Questo fatto mi commuove». Per un ventennio, dal 1970 al 1990, è stato al top degli arbitri italiani del rugby, insieme all’altro “fischietto” aquilano Sergio Tiboni, scomparso a settembre dello scorso anno. Oltre al rugby, l’altra passione per il 74enne è quella di scrivere libri in dialetto aquilano malgrado da anni viva a Rovato, periferia di Brescia. Tra i suo libri “Dizionario italiano-aquilano, aquilano-italiano” e l’ultimo, pubblicato a dicembre “Sfumenti. Inalazioni di aquilanità”.

Ex dirigente della Banca d’Italia, ha girato per lavoro quasi per tutt’Italia e «il lunedì ero sempre al lavoro nonostante la domenica dovevo affrontare lunghi tragitti per andare ad arbitrare. Mi ricordo i viaggi in treno nella speranza di non perdere il bus che mi riportava all’Aquila, all’epoca non c’era l’autostrada». Angelantoni racconta che «dal 20 marzo sono ricoverato e non ho avuto bisogno del ventilatore e ora non ho più tosse e febbre. Non mi posso lamentare: purtroppo accanto a me ci sono dei pazienti molto gravi. Intanto voglio ringraziare la Protezione civile e il Comune di Rovato che ai malati e ai loro familiari è sempre vicino. Ricevo gli indumenti per cambiarmi, mentre a mia moglie Irene anche lei aquilana, insieme a nostro figlio Marco, (l’altro figlio Mauro per lavoro è in Svezia, ndr), è in quarantena».

Racconta che aveva la febbre alta e pensava che fosse una banale influenza. «Come ho potuto prendere il morbo? Non lo so forse l’ho raccolto attraverso i nipoti che hanno bighellonato per Brescia. Non vedo l'ora di guarire, perché voglio tornare all’Aquila. Non mi posso perdere la conviviale con gli amici dell’Old Rugby».
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