Coronavirus, Vision: «Dall'analisi dei numeri dei morti la stima dell'errore nei conteggi ufficiali e le implicazioni per la strategia»

Coronavirus, Vision: «Possibile che il numero dei morti sia tre volte più alto dei dati ufficiali»
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Venerdì 3 Aprile 2020, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 12:53

L’Istat ha reso disponibile il 1° aprile una banca dati che, tra le molte informazioni, riporta il numero dei decessi tra il 1° e il 21 marzo 2020 (periodo caratterizzato dall’epidemia coronavirus) e lo stesso periodo del 2019 su 1.084 comuni italiani. Il confronto - riporta una nota di Vision - può, come è stato rilevato da più parti, essere, persino, più significativo di altre rilevazioni, in quanto non risente della difficile attribuzione dei decessi a cause tra di loro concomitanti e diverse.

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Se, infatti, facciamo l’ipotesi  che la popolazione dello stesso Comune, di anno in anno e nello stesso mese, non si modifica in maniera sostanziale per patologie presenti e nella sua struttura demografica (ad esempio, percentuale di anziani), è plausibile che la modifica nei decessi sia contenuta. Questa ipotesi è, del resto, confermata dalla scarsa varianza dei decessi per mesi negli anni precedenti (2012 – 2018).

Ciò significa che una variazione ampia e improvvisa nel numero di decessi può fornire una stima dell’impatto di uno choc esogeno come Covid 19.

I comuni osservati da Istat sono 1.084 (dentro c’è Milano ma non Roma) e rappresentano circa il 20,1% della popolazione italiana ed essi fanno registrare un raddoppio dei morti tra 2020 e 2019.

Essi sono diversamente rappresentativi nelle diverse Regioni perché l’Istat ha focalizzato la propria analisi sulle Regioni più colpite (il campione rappresenta, dunque, il 61% della popolazione totale in Lombardia e il 44% in Emilia Romagna) e, tuttavia, tutte le altre Regioni sono catturate (con più del 20% del totale in Umbria e Toscana).

La prima osservazione da fare è che se anche ci limitiamo ad osservare il campione Istat (relativo ad un quinto del paese) arriviamo a una stima complessiva dei decessi causati da Covid che nel periodo 1 – 21 marzo 2020 è doppia rispetto ai numeri forniti dalla Protezione Civile (8.162 rispetto a 4.825) e relativi, invece, all’intero territorio nazionale.

Vision, think tank e charity di diritto inglese, però fatto un’analisi in più, provando a rispondere alla domanda naturale: cosa è successo nei Comuni non considerati dall’analisi?

Per far ciò si è deciso di utilizzare i tassi di crescita della mortalità regionali rilevati per i 1.084 comuni di cui l’Istat ha fornito i dati, riducendoli del 66%.

Cautelativamente, si immagina, cioè, che nel resto del territorio l’aumento dei decessi sia di un quarto meno veloce rispetto al campione Istat.

Applicando, quindi, ad ogni regione (a cui abbiamo sottratto i comuni del campione Istat) i nuovi tassi di crescita alla media dei deceduti per il periodo 2015-2018, si ottiene la seguente stima dei decessi per Covid19.



Applicando, quindi, ad ogni regione (a cui abbiamo sottratto i comuni del campione Istat) i nuovi tassi di crescita alla media dei deceduti per il periodo 2015-2018, si ottiene la seguente stima dei decessi per Covid 19.


Dalla tabella sembrano emergere due novità importanti:

a) Il numero dei decessi probabili (nei primi tre giorni di marzo) sia quasi 3 volte superiore al numero ufficiale; del resto anche i numeri puntuali Istat sul campione ristretto restituivano un aumento di decessi doppio a quello rilevato ufficialmente.

b) La sottostima sembra minore nelle Regioni più colpite (Lombardia ed Emilia Romagna) e maggiore nelle altre (ad esempio, Puglia e Abruzzo).

Ciò sembrerebbe indicare che il fenomeno potrebbe essere più diffuso.

Va detto che la presenza della sottostima è rafforzata dalla scelta di fattore di crescita per i Comuni fuori dal campione che appare, come detto, prudenziale. Peraltro, poi, è possibile che il lock-down abbia ridotto altre cause di mortalità (ad esempio, incidenti automobilistici che, in generale, risultano essere prima causa di morte fino a 50 anni) e ciò porterebbe a ritenere che la differenza tra dati probabili e ufficiali sia ancora superiore.

Infine, precisiamo che non abbiamo incluso nella nostra analisi – Basilicata, Calabria, Campania, Friuli, Lazio, Molise, Sardegna e Sicilia – in quanto in quelle Regioni il campione Istat catturava meno del 10% della popolazione.

Le implicazioni ulteriori

L’analisi mostra, dunque, che c’è di sicuro una sottostima nelle rilevazioni ufficiali della mortalità di Covid 19 e che tale errore può essere talmente ampio che il rapporto tra decessi reali e quelli rilevati si avvicina a tre. 

Ciò ha ulteriori importanti implicazioni che diventa riflessione per il governo e la strategia da adottare. Infatti:

a) È, di nuovo, ragionevole immaginare che la sottostima sia continuata anche nei giorni successivi al 21 marzo (gli ultimi undici) e ciò significa che anche il conteggio ufficiale dei morti (13.915) al 2 aprile (cresciuto ulteriormente rispetto al 21 marzo) vada moltiplicato per lo stesso fattore di errore (2,65). Ciò corrisponde ad una proiezione che indica un numero di vittime reale in Italia pari a quasi 40.000 (36.874).

b) Più interessante ancora però è la conseguenza sul numero dei contagi. L’articolo di Nature stima – per la regione cinese di Hubei a epidemia conclusa – il tasso di mortalità reale da Covid 19 (correggendo il denominatore con una stima dei contagiati asintomatici a cui non è stato somministrato il tampone) in un valore medio dell’1,4%. Pur ipotizzando che tale tasso possa essere peggiore in Italia data la relativa maggiore anzianità della popolazione , ciò vorrebbe dire che i contagiati in Italia ad oggi sono quasi un milione e mezzo.

Le implicazioni per la politica delle quattro “notizie” che emergono dall’analisi Istat sono, evidentemente, assai rilevanti e a questo sono dedicati i prossimi contributi di Vision della serie sugli effetti della pandemia.




 

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