Coronavirus, italiani all'estero: come rimpatriare grazie all'Unità di crisi della Farnesina

Coronavirus, italiani all'estero: come rimpatriare grazie all'Unità di crisi della Farnesina
di Giuseppe Scarpa
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Giovedì 2 Aprile 2020, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 12:10

Vogliono rientrare in patria dai quattro angoli della terra. L’emergenza coronavirus spinge gli italiani a voler rivedere casa: 45 mila quelli rientrati fino ad oggi; 10mila quelli che l’hanno chiesto e sono in attesa di mettere piede negli aeroporti di Roma o Milano. Il motore dell’unità di crisi della Farnesina è spinto ai massimi livelli. In nessun altro periodo, come l’attuale imposto dalla pandemia, questo ufficio del ministero degli Esteri ha lavorato ad un ritmo così elevato. Più di 7000 le telefonate che ricevono quotidianamente. Ogni giorno, in media, arrivano 2000 persone in Italia.

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Si parte, prima di tutto, dall’app “Unità di Crisi”. Un’applicazione fondamentale per chi vuole rientrare: la si deve compilare inserendo il paese e la città in cui si vive. L’unità di crisi incrocia i vari dati. Cercando di far confluire, nell’aeroporto più vicino ad una determinata regione, più connazionali possibili. L’obiettivo è imbarcare un numero cospicuo di passeggeri con un unico limite: garantire a bordo la sicurezza sanitaria stabilita dal governo italiano. I voli operativi sono di compagnie aeree private. Perciò le stesse non possono permettersi di volare rimettendoci di tasca propria. Sono infatti gli italiani che rientrano a doversi comprare il biglietto. In sostanza gli aerei decollano vuoti dall’Itala e ritornano con buona parte dei sedili occupati.

Il lavoro dell’unità di crisi, guidata da Stefano Verrecchia, è quello di coordinare il tutto. Una cabina di regia insomma. Un’attività che sta dando i suoi frutti, visto il flusso costante dei rimpatri. I voli sono partiti dai posti più disparati del mondo, dall’Argentina alle Maldive, dalla Spagna al Giappone. Il maggior numero di aerei decolla però da Londra. Si contano 5 velivoli al giorno che atterrano a Roma e Milano. In molti sono i turisti bloccati. Ma tanti altri, soprattutto dalla capitale della Gran Bretagna, sono quelli che hanno perso il posto di lavoro. E più che dal virus scappano dalla disoccupazione.

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