Coronavirus, teramano bloccato a Bali con le ceneri del padre

Coronavirus, teramano bloccato a Bali con le ceneri del padre
di Valentina Procopio
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Giovedì 2 Aprile 2020, 08:47
Coronavirus, famiglia teramana bloccata a Bali ormai da 40 giorni a Bali. Un incubo che è iniziato per Luigi D'Ignazio con una tragedia improvvisa: la scomparsa del padre Diego, morto il 18 febbraio. L’uomo, insieme alla moglie Paola De Berardinis, era andato a trovare l’altro figlio, Massimo, che da anni gestisce un bed and breakfast nell’isola di Roti. «Purtroppo però mio padre, dopo pochi giorni, ha cominciato a sentirsi male – racconta Luigi al Messaggero – era molto affaticato e non riusciva a respirare bene, nel giro di un paio di giorni è peggiorato ed è morto, ufficialmente per edema polmonare. La notizia ci ha colti di sorpresa: mio padre non soffriva di alcuna patologia. Non siamo riusciti a fargli fare il tampone, ma dopo poco anche mio fratello, mia madre ed io ci siamo ammalati, per fortuna ora stiamo bene, ma siamo rimasti bloccati in Indonesia, insieme alle ceneri di mio padre, che è stato cremato. Io non posso essere sicuro che si sia trattato di Coronavirus, ma so che mio padre era in buona salute».

Oltre al dolore della perdita improvvisa, la famiglia teramana si trova a vivere un’assurda condizione di “prigionia”: i visti turistici infatti, sono scaduti, e le autorità indonesiane, alla richiesta di un rinnovo per ragioni di emergenza, hanno sequestrato i passaporti di Luigi e della sua compagna Carlotta. Nel frattempo anche l’iter burocratico per il rimpatrio della salma dovrà essere ripetuto, ma, con l’aggravarsi della situazione internazionale legata all’espansione della pandemia da Covid-19, anche i voli aerei sono stati cancellati. La famiglia teramana non riesce a vedere una via d'uscita da questa assurda situazione, intanto anche in Indonesia si stanno facendo sentire gli effetti della pandemia.

«Ci troviamo bloccati in casa – racconta ancora Luigi – e, anche se il nostro periodo di autoquarantena è finito, abbiamo paura ad uscire, perché il clima sociale non è certo dei migliori, anche qui i beni di prima necessità cominciano a scarseggiare e gli europei non vengono visti di buon occhio, c’è anche chi si rifiuta di dare appartamenti in affitto, visto che c’è la paura dei contagi, e molte ambasciate hanno fatto rientrare il loro personale. Temiamo che la situazione possa peggiorare sempre di più e chiediamo che le autorità si attivino per farci tornare in patria al più presto».

La famiglia D’Ignazio, dopo aver effettuato tutti i possibili tentativi con le autorità indonesiane, si è anche rivolta all’avvocato teramano Luca Quartapelle, che sta seguendo il caso e che si è già rivolto all’ambasciata italiana e alla Farnesina. «Ci stiamo muovendo - spiega - per far ottenere innanzitutto la proroga del visto, ma sono necessari interventi più incisivi per consentire il rientro in patria della famiglia e delle ceneri del padre, L'Italia dovrebbe attivare un ponte aereo come hanno fatto altre nazioni per consentire il rientro di questa famiglia e di altri italiani che si trovano attualmente nelle stesse condizioni. Alcuni sono riuscuti a tornare in patria appoggiandosi a voli che sono stati organizzati da altri Paesi, come la Francia e l'Inghilterra. Come ho scritto nelle mail inviate allAmbasciata italiana in Indonesia e al Ministero degli Esteri, dopo tutto quello che è successo la famiglia è decisamente provata da tutta questa situazione sia fisicamente che psicologicamente, è quindi necessario intervenire al più presto». 
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