Ceramica, il dopo emergenza: per Unindustria «finita la quarantena le fabbriche possono riaprire»

Lo stabilimento della ceramica Flaminia
2 Minuti di Lettura
Martedì 31 Marzo 2020, 12:47 - Ultimo aggiornamento: 21:16

Le fabbriche del distretto industriale della ceramica devono ripartire appena terminata “la quarantena”, che si concluderà il 3 aprile. Ma in sicurezza.

A sostenere questa linea è Augusto Ciarrocchi, presidente della Ceramica Flaminia nonché presidente della sezione ceramica di Unindustria. «Spero che prima di tutto vengano adottati altri criteri per la sospensione della attività – dice l’imprenditore – perché l’eventiale a proroga sarà un altro duro colpo per l’economia locale e anche del paese. Come? Utilizzando non più il grossolano sistema dei codici Ateco, ma un criterio basato sul rischio effettivo e non potenziale di contagio.

Civita Castellana, la crisi del distretto ceramico colpito dall'emergenza virus: il servizio sulla Bbc

Un esempio? «L’azienda che rappresento a causa della recente riduzione delle richieste di mercato, si era organizzata – a partire dal 23 marzo – per continuare a produrre in misura ridotta, utilizzando circa 30 dipendenti su un organico di 130». Secondo Ciarrocchi i dipendenti «avrebbero lavorato in uno spazio di 25.000 metri quadrati, a distanza di decine di metri uno dall’altro. Soltanto pochissimi lavoratori, per poco tempo nel corso della giornata lavorativa, avrebbero operato a distanza ravvicinata sostiene l’imprenditore - nel rispetto però delle procedure igieniche ed organizzative, già adottate e con la dotazione dei mezzi di protezione individuale (mascherine, guanti, occhiali ecc.)».

Per l’imprenditore viterbese questo avrebbe consentito all’azienda di «continuare a produrre in sicurezza, al fine quantomeno di assortire il magazzino e di spedire il materiale, soddisfacendo le richieste provenienti dall’estero». Il problema è però gestire la protezione degli operai.

Coronavirus, imprese chiuse da mercoledì, le stime sul crollo del Pil

«Se si volesse verificare il rispetto delle procedure di sicurezza - afferma sempre Ciarrocchi- le aziende potrebbero essere sottoposte al controllo pubblico, sia da parte delle prefetture oppure dai sindaci e dalle aziende sanitarie locali. Un tale sistema consentirebbe di aumentare il numero delle imprese in attività, creando meno danni all’economia italiana con un conseguente minor aggravio per i conti dello Stato». Se non altro, per i minori costi della cassa integrazione»

© RIPRODUZIONE RISERVATA