Coronavirus, Annalisa infermiera in prima linea a Oxford: «Qui siamo ben protetti e considerati»

Annalisa Scisciani Coronavirus, Annalisa infermiera a Oxford: qui contiamo
di Maurizio Di Biagio
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Lunedì 30 Marzo 2020, 13:46 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 21:06

L’infermiera teramana 28enne, Annalisa Scisciani, da 5 anni al John Radcliffe hospital, ad Oxford in Inghilterra, nel reparto di terapia intensiva di anestesia e rianimazione, conta i suoi medici positivi al Coronavirus: «Ne abbiamo diversi anche noi, come all'ospedale “Mazzini” di Teramo, forse un po’ meno, ma qui per il momento i tamponi non si fanno e chi ha i sintomi si pone subito in autoisolamento».

Annalisa spiega che «sì, qui siamo pronti, abbiamo tutti i dispositivi di sicurezza, tutto il materiale possibile, anche una sorta di scafandro (Face shield Fh31: al malattie infettive del Mazzini non c’è traccia, ndr), malgrado recentemente il sistema nazionale (Nhs) abbia cambiato le linee guida: dovremmo tutti usare le mascherine chirurgiche, cosa che non sta né in cielo né in terra, difatti molti operatori sanitari qui si stanno ribellando, anche attraverso una petizione on line che dovrebbe essere discussa in Parlamento».

In giro per le strade, malgrado il lockdown, il coprifuoco h24, «ci sono ancora delle persone, ho visto pochissima gente con la mascherina, girano i bus e i treni. In ospedale siamo molto preoccupati: ci sono opinioni contrastanti tra i medici, qualcuno afferma che non sarà come in Italia, altri invece il contrario perché dicono ci stiamo preparando, ed è pure vero».

Oxford è una città di 150mila abitanti con quattro ospedali: il Radcliffe quello più importante annota già una trentina di intubati: «Non siamo pieni visto che abbiamo una grande capacità, stiamo facendo spazio, da noi ci sono sedici posti letto, ma qui abbiamo diverse altre terapie intensive nei diversi reparti».
Come ci guardano gli inglesi da lassù? «Inizialmente un po’ tutti, anch’io, sono rimasti sconvolti dalla situazione in Italia: oh mio dio, cosa sta succedendo, dicevo. Poi con l’andare dei giorni, dopo i vari decreti, si è capita tutta la portata e che si sono prese misure all’altezza del problema».

Annalisa guadagna 1.800 euro al mese ma qui il costo della vita è alto. Si è trasferita ad Oxford 5 anni fa, qui in Italia era difficile lavorare: dopo un colloquio a Venezia, ne ho trovato subito uno a tempo indeterminato, i nostri operatori sanitari sono molto apprezzati per capacità e professionalità. «Ho notato che qui c’è meno servilismo, non si porta il caffè al medico, e se lo si fa non vi sono doppi fini. Poi ogni sera arriva la mail del primario (che fa visite ai pazienti tre volte al giorno) che ci aggiorna sulla vita del reparto, siamo un ospedale infermiere-centrico e siamo rispettate». In terapia intensiva la teramana è destinata per 12 ore («gli orari sono tremendi e non c’è tanto riposo», dice) ad un solo paziente. «In attesa del picco gli Inglesi stanno reclutando medici dappertutto». Dell’Italia, le manca la facilità dei rapporti sociali «mentre qui se vuoi vedere un’amica devi programmare l’appuntamento tempo addietro e se salta la potrai rivedere tra settimane».

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