Uno, ics o due? Il calcio gioca la schedina per risorgere. Come nel dopoguerra

Uno, ics o due? Il calcio gioca la schedina per risorgere. Come nel dopoguerra
di Romolo Buffoni
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Lunedì 30 Marzo 2020, 06:00
«Se riesco nell'impresa ho fatto 13!». Non serve la carta d'identità. Basta questa espressione per capire che chi la pronuncia è ormai entrato negli "anta" e non può sperare che un teen-ager afferri il concetto. Perché il sogno del 13 è antico, risale alla schedina del Totocalcio. Già, la Schedina. C'era una volta? Non esattamente, perché c'è ancora. Soltanto che non ci gioca più nessuno, o quasi.
Il gioco che accompagnava il week end degli italiani, chini sul tavolino penna in mano il sabato pomeriggio a compilare il foglio dei sogni: 1, X o 2? E alla domenica pomeriggio con un orecchio incollato alla radiolina sulle frequenze di Tutto il calcio minuto per minuto da ascoltare tutto, fino al tredicesimo e ultimo risultato della «serie C in schedina, risultato finale: Monza-Varese 1 a 1, ics». Evvai ho fatto tredici! E non finiva nemmeno lì perché, pur se tremante, pallido e sudaticcio, il fortunatissimo doveva aspettare di conoscere le quote. E la linea passava a 90° minuto e alla voce di Paolo Valenti: «Quote popolari, ai tredici vanno 700 mila lire». Niente colpo miliardario. Del resto erano troppo scontati quei risultati. Però vuoi mettere il divertimento? Sognare un futuro da nababbi seguendo il gioco più divertente del mondo del quale tutti siamo convinti di sapere tutto. Siamo o non siamo 60 milioni di commissari tecnici della nazionale?
Il Totocalcio nacque nel maggio del ‘46 inventata dal giornalista triestino Massimo Della Pergola. Era un'Italia che si stava rialzando dalla tragedia della Seconda guerra mondiale e la schedina contribuì a rimetterla in piedi. Con i suoi montepremi sempre più alti, che divennero miliardari ogni settimana per anni, il gioco a pronostici gestito dal Coni finanziò tutto lo sport italiano consentendogli di svilupparsi fino a riuscire a competere con i movimenti di paesi più ricchi come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e di fare sempre la sua figura alle Olimpiadi anche accanto ai colossi Usa, Urss (poi tornata Russia) e Cina.
La schedina perse appeal negli anni 90, quando esplose il Superenalotto e il sogno da 13 divenne 6. Ma è stato anche il calcio ad affossare la sua creatura migliore. Stravolgendo il rito domenicale delle partite tutte insieme al pomeriggio il calcio stracciò la schedina, che fece per un po' di resistenza almeno fino a quando c'era un solo posticipo domenicale con le relative "proiezioni": in caso di 1 ai 13 vanno tot lire, in caso di X un altro tot e in caso di 2 quest'altro bottino. Gli occhi degli "undici" e dei "dodici" incollati su Tele +, gli altri a nanna a meno che il tifo non li costringesse a consumare anche l'ultima porzione domenicale.
Ma ora la schedina può rinascere. Una delle misure allo studio della Figc e dalle Leghe per ripartire dopo la catastrofica pandemia da coronovirus è quella di rilanciare il concorso a pronostici che, oggi, langue, e quello di fare "14" è un sogno di quarta categoria. L'idea è quella di lanciare il "7+7" ovvero una schedina dove, di sette partite (numero congruo circoscrivibile nel diluito spezzatino settimanale) bisogna azzeccare il risultato del primo tempo e quello finale. Chissà se riuscirà a vedere la luce e a trainare l'Italia sportiva ancora fuori dalla crisi economica. E' certo solo che «ho fatto sette più sette» non suonerà mai bene come «ho fatto tredici». Per chi ricorda cosa voleva dire.
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