Coronavirus, la "pax" delle aziende del tessile nel modenese: «Niente rivalità, lavoriamo tutti assieme»

Coronavirus, la "pax" delle aziende del tessile nel modenese: «Niente rivalità, lavoriamo tutti assieme»
di Rosario Dimito
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Sabato 28 Marzo 2020, 18:28 - Ultimo aggiornamento: 21:27
L’unione fa la forza. In tempi di emergenza sanitaria si mettono da parte anche le rivalità quotidiane di business. Ledatex e Staff Jersey sono due aziende del modenese specializzate nel tessuto a maglia venduto alle griffe: Armani, Moncler e brand francesi. Sono quindi concorrenti tra di loro, ma adesso si sono messi a disposizione verso una riconversione emergenziale e sono coinvolte con altre aziende, tipo la Stellatex e Filte spa, entrambe specializzate in tintorie e finissaggio tessuti che anch’esse hanno dato la loro disponibilità a collaborate. Poi altre 5-6 aziende possono tagliare il rotolo a pezzi per comporre il dispositivo di sicurezza, infine altre aziende ancora, da Donne da Sogno di Tamara Gualandi e Luciana Martinelli, a Crea Si di Gloria Trevisani, a Pretti moda di Stefano Forti hanno dato la loro disponibilità a confezionare il prodotto.

«Mettiamo da parte la rivalità commerciale con Paolo Leporati di Ledatex - dice Federico Poletti, leader Staff Jersey - su questo fronte si uniscono le forze per avere più possibilità di produzione: ognuno di noi ha una tipologia di macchine particolari». «In più possiamo utilizzare i laboratori di analisi di tessuti che abbiamo sul territorio, in collaborazione con il Tecno polo di Mirandola per le analisi batteriologici», spiega Marco Gasparini, presidente di Cna Federmoda Modena e patron di Ribelle srl, attiva negli accessori per abbigliamento (borchie, decorazioni capi di donna) per Bluemarine, Liu Jo, Armani, in cabina di regia del progetto che fa capo a Carpi Fashion system. «Stiamo procedendo con la certificazione per dare un prodotto utile per il sistema sanitario, medici, infermieri, paramedici».

Lo scopo di questa iniziativa, assemblata attraverso un protocollo, è duplice: rendersi utili in questa fase di emergenza e se riusciamo a tenere aperte alcune delle imprese di questo distretto, si potrà dar lavoro a 30-40 dipendenti su un aggregato di circa 100 e ci sarà un onere meno finanziario per i conti dello stato. «Teniamo e precisare che il nostro obiettivo è quello di non vendere sul mercato ma di destinare il nostro prodotto alla protezione civile nazionale o regionale chiedendo solo i costi vivi (1-1,2 euro a pezzo) - prosegue Gasparini - in più noi vogliamo essere certificati e non produrre mascherine per tenere a bada il lato emotivo della gente che sta bene, non abbiamo ancora deciso ma l’idea è di indicare un capo filiera che farà da capofila poi con un nostro protocollo sottoscritto da tutti staremo alle regole che ci daremo. Noi siamo gente che vive in trincea sui mercati e siamo consapevoli che il tema delle mascherine non si producevano più qui in Italia per gli elevati costi dei nostri prodotti è per questo che ci mettiamo a disposizione al costo limitato. è chiaro a tutti che se questa situazione durerà 30 gg si supera , se invece durerà 60/90 giorni purtroppo costerà cara a questo distretto sia in vite umane che in attività lavorative».

Sono una decina le aziende del distretto di Carpi impegnate sul fronte e vista l’esigenza di mascherine «ci siamo chiesti se potevamo renderci utili, siamo persone che si conoscono fra di loro anche perché nel lavoro normale si è anche concorrenti tra di loro, ma si ha una convinzione anche nel mercato normale che da soli non si possa salvare uno solo e se spariscono il nostro sapere non è possibile replicarlo da nessuna altra parte (ci sarà un motivo per cui in questo distretto ci siano 5-6 brand internazionali non è un caso), visto la richiesta elevata di mascherine voi sul territorio abbiamo le condizioni di mettere in pista una produzione con tessuti quindi multiuso utilizzando ricerche su fibre già avanzate sia sul piano del multiuso che su quello anti batterico». «Abbiamo messo insieme un ciclo combinato che parte dal filato, si va alla fase di tessitura e poi alla rifinitura, come il taglio e confezionamento in modo da poterci interfacciare con la Protezione  civile - aggiunge Poletti, - a regime quando la protezione civile che è a conoscenza progetto, definirà gli accordi, potremo produrre  da 100 a 150 mila dispositivi di sicurezza la settimana».
«Come comune di Carpi e Carpi fashion system stiamo cercando di costruire, oltre al protocollo fra le aziende  sulle mascherine professionali, anche una rete che dovrà fornire aiuti alle impese che si vogliono riconvertire», conclude Stefania Gasparini, vicesindaco di Carpi e motore delle tante iniziative.
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