Russia, Cina, Ue: così il virus sta cambiando la geopolitica italiana

I medici cinesi sbarcati a Roma la scorsa settimana
di Marco Conti
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Sabato 28 Marzo 2020, 15:04 - Ultimo aggiornamento: 16:12

Le cinquanta milioni di tonnellate di aiuti europei, spediti da Bruxelles nel momento più difficile di diffusione del Coronavirus, i cinesi non li hanno visti in tv. In Italia, e soprattutto in Cina, hanno potuto invece apprezzare il soccorso cinese grazie ad enfatici servizi giornalistici e televisivi, pronti ad esaltare i “doni”. Le  immagini dell’arrivo degli aerei e dei medici cinesi, armati di mascherine e striscioni plurilingue di benvenuto, hanno fatto il giro di tv e social. 

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Basterebbe forse questo per misurare la distanza tra l’Occidente e un Paese che anche sul numero dei contagi e dei morti per Covid-19 non la dice ancora tutta se c’è chi arriva a sostenere che il numero dei morti dichiarati potrebbero risultare ben diversi, solo se fosse possibile, anche in minima percentuale, attribuire al contagio i milioni di contratti telefonici in meno registrati nella zona di Wuhan. 

Certamente il via-vai  di aerei cinesi e russi ha contribuito a peggiorare il già compromesso rapporto tra gli italiani, le istituzioni europee e i paesi a noi vicini che nei momenti di massima esplosione della pandemia in Italia, non mollavano mascherine e guanti. Ricordare che la Salute non è materia delegata dai governi all’Europa, così come la politica estera compresa la faccenda dei migranti, non basta a frenare gli istinti degli anti europeisti di casa nostra. Chi per anni ha ironizzato sulla lunghezza imposta dalla Ue alle zucchine, faticherà ora a comprendere che se la Salute fosse stata delegata anche in parte a Bruxelles, potremmo ora contare su protocolli medici un po’ più omogenei che ci permetterebbero di sapere con qualche precisione in più quanti sono i contagiati, quanti i deceduti per Covid-19 e, soprattutto, avremmo qualche certezza quando il virus finirà e tenteremo di varcare di nuovo le frontiere.
 



Si preferisce invece enfatizzare la generosità molto interessata di Cina e Russia, e persino quella rivoluzionaria dei cubani che sono arrivati in Italia con il camice ma senza giacconi, prontamente donati dai commercianti di Crema.
Un filo ‘rosso’ lega  i tre generosi paesi. Ma se Cuba non è la prima volta che esporta medici (il 20% dei medici cubani lavora in Venezuela in cambio di petrolio), Russia e Cina esercitano il loro soft power contrapponendosi all’ American-first di Trump che nei giorni scorsi avrebbe anche tentato di accaparrarsi in via esclusiva un vaccino anti-Covid da un’azienda tedesca. Ci sono però stati, con meno clamore, gli aiuti della Nato, dell’esercito Usa, delle Ong americane. Tredici milioni di euro di donazioni, più ospedali da campo e sostegni agli ospedali impegnati in prima linea. Generosità che viene data per scontata, mentre il milione di mascherine cinesi fa più rumore del milione di mascherine donate dalla Francia.

Il ritorno di immagine che i due paesi cercano, con i cinematografici arrivi di aerei, serve in patria e fuori. La Russia, che in Siria bombarda ospedali, è ancora alla prese con le sanzioni dell’Occidente che ora vengono indicate come motivo delle difficoltà che vive la sua economia, mentre la prima responsabile è la costosissima guerra in Siria 
A Pechino ci si affanna invece a presentarsi come vincitori,  senza però ammettere di essersi da soli provocati la pandemia, e si cerca di vestire la “Via della Seta” con i panni della salute trasformandosi da ‘untore’ globale a salvatore. Il problema è che il grido “abbiamo vinto” di qualche giorno fa si ammanta di nuovi infettati che però si attribuiscono all’esterno, mentre il Paese è di fatto chiuso e la provincia dell’Hubei ancora isolata, malgrado i proclami. 

Le immagini dei disordini scoppiati al confine tra la provincia dell’Hubei e dello Jiangxi, dove migliaia di cittadini esasperati hanno attaccato la polizia, raccontano un’altra storia che difficilmente verrà spiegata correttamente sul ‘People’s Daily’, il quotidiano del partito comunista che in questi giorni ha riportato ampie cronache delle telefonate di Xi Jinping con Giuseppe Conte e gli altri leader europei. Procedendo di falsità in falsità si tenta di far perder l’orientamento su quali siano i nostri punti di riferimento internazionali e si prova a scambiare presunta efficienza e generosità con i requisiti di uno stato di diritto dove non possono esserci leader che hanno i pieni poteri, come in Russia e Cine, o li acquisiscono come in Ungheria.

 Mentre per le strade di Bergamo corrono le camionette russe sbarcate dagli Antonov dell’Armata Rossa, a Mosca si costruisce in tutta fretta un ospedale da campo perché, a dispetto della propaganda putiniana e del laboratorio di Novosibirsh che forniva tamponi falsi dallo scontato esito negativo, i morti aumentano. Sul sito di propaganda russa Sputnik-Italia si leggono gli entusiasti ringraziamenti degli italiani per la generosità russa che viene contrapposta a quella dei paesi europei, ma si minimizza il numero dei contagi, nulla si dice del referendum costituzionale che Putin è stato costretto a rinviare da aprile a giugno o dei manifesti che il sindaco di Mosca ha affisso in città per invitare i russi a stare a casa.
Chiusi nelle nostre case avvertiamo molto di più le distanze ma dovremmo avere più tempo per approfondire, ma se la propaganda viene supportata da un ministro degli Esteri che rivendica in tv la bontà dell’intesa raggiunta con la Via della Seta perché grazie a questa abbiamo ora un po’ di cerotti e mascherine, il compito può farsi arduo.
Le campagne di propaganda non sono state mai il forte delle istituzioni europee. Sostenere che ci ritroveremmo tra qualche settimana come nell’ultimo dopoguerra potrebbe non bastare a rinverdire le coscienze e a riscoprire che «la democrazia - come disse Winston Churchill - è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora».
 

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