Virus, Stirpe: «Per ogni giorno di stop,
ne serviranno sette per azzerare gli effetti devastanti
Il Frosinone? Se la B finisce qui, voglio la A»

Virus, Stirpe: «Per ogni giorno di stop, ne serviranno sette per azzerare gli effetti devastanti Il Frosinone? Se la B finisce qui, voglio la A»
di Stefano De Angelis
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Venerdì 27 Marzo 2020, 22:40 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 13:14


Da tanti anni è a capo della galassia della Prima Sole Spa, gruppo specializzato nella realizzazione di componenti di plastica per auto, moto ed elettrodomestici. Dodici stabilimenti sparsi in due continenti, in Europa (anche in Ciociaria) e in Sudamerica (Brasile), e qualche migliaio di dipendenti. Lui è Maurizio Stirpe, 62 anni, imprenditore ciociaro, patron del Frosinone calcio e vicepresidente di Confindustria con delega al lavoro e alle relazioni industriali. Come altri capitani d'azienda è alle prese con le ripercussioni economiche causate dall'emergenza Coronavirus. Allo stesso tempo, però, non si arrende e sprona il governo a fare di più per salvare fabbriche e posti di lavoro

Presidente Stirpe, l'Italia è nella morsa del virus da più di un mese. Quanti danni, finora, ha subito il comparto industriale?

“Gli effetti sul tessuto economico nazionale, indubbiamente, sono stati devastanti e chissà per quanto tempo lo saranno. Per molte attività è venuta meno la condizione di lavorare e fatturare. Di conseguenza non c'è la possibilità di remunerare tutti coloro che ruotano intorno al mondo produttivo, a cominciare dai dipendenti. E' una situazione totalmente nuova, impensabile, in cui non c'eravamo mai trovati”.

Quali sono i rimedi? Come se ne esce?

“Stiamo cercando di convincere lo Stato a mettere in campo tutti gli strumenti per far fronte a questa drammatica situazione. Stiamo spingendo per avere un sistema di ammortizzatori sociali ad ampio raggio che riesca a dare risposte concrete ai problemi delle aziende, a tutte, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno la disponibilità di soddisfare i propri lavoratori. Poi, in un contesto di inattività quasi generalizzata, ci sembra anacronistico chiedere di adempiere ai pagamenti fiscali e contributivi. Vanno congelati per tutte le imprese. Il terzo tassello fondamentale è quello della liquidità occorrente in questa fase: non bisogna farla mancare. Se le aziende devono fare ricorso a debiti, devono essere messe nelle condizioni di spalmarli in un tempo molto lungo e di restituirli, quindi poter rientrare, contando sulla garanzia pubblica dello Stato verso le banche. Serve una moratoria sui debiti”.

Per il Lazio e la Ciociaria, sua terra d'origine, che scenario immagina?

“La provincia di Frosinone già viveva una situazione non brillante. Non è semplice valutare quali potranno essere gli effetti finali, innanzitutto si dovrà capire la profondità di questa crisi. Di sicuro all'orizzonte non c'è nulla di buono, niente di positivo”.

Il governo ha disposto la chiusura di molte attività produttive ritenute non strategiche. Come giudica questo provvedimento?

“Quando il governo ha elaborato l'elenco, abbiamo subito fatto notare che una serie di attività erano essenziali. Faccio alcuni esempi: il tubetto di una medicina fatto di plastica è necessario per confezionare il farmaco, quindi non si può impedire di realizzarlo, altrimenti il rimedio si rivela peggiore del male; un'attività a ciclo continuo, come un'acciaieria, se spegne l'altoforno poi deve chiudere per sempre; c'è anche il settore della manutenzione che non può fermarsi. In sostanza abbiamo chiesto di tenere conto del concetto di filiera, di quel sistema che contribuisce alla produzione di un bene primario. Il governo ha recepito queste indicazioni, poi i sindacati hanno voluto cavalcare una posizione non condivisibile.
Oggi lo scenario è pesante: abbiamo il 50 per cento delle imprese ferme e l'altra metà che sta funzionando. Il 70 per cento degli addetti manifatturieri è a casa. Lo scotto economico è quello stimato da Confindustria, circa 100 miliardi di euro al mese. L'auspicio è che sia una condizione temporanea, perché i danni potrebbero essere ancor più devastanti. Tante imprese, infatti, non saranno in grado di ripartire. Ritengo che per ogni giorno di stop produttivo, ne serviranno sette per rimettere le cose a posto, per una ripresa comunque graduale. Per ripartire al 100 per cento ci vorrà tempo: non basterà il 2020, ma buona parte del 2021”.

Il governo ha annunciato un altro decreto da almeno 25 miliardi per incrementare il sostegno all'economica, al credito e alla liquidità? Che ne pensa?

“Il primo non era sufficiente in termini di risorse, non lo sarebbe neanche questo. Bisogna contemplare esigenze che, invece, non sono state prese in considerazione: ad esempio la sospensione degli oneri fiscali e contributivi va prevista anche per le aziende che fatturano oltre i due milioni di euro, perché sono quelle che reggono l'impalcatura”.

Da sedici anni è anche presidente del Frosinone calcio, club che milita in serie B e che vanta due recenti promozioni in A. Con grande anticipo e intuendo il rischio sanitario, ha chiesto da subito lo stop del campionato, fermo ormai da settimane. Cosa accadrà?

“Se il campionato non dovesse ripartire, come sembra in ogni settimana che passa, il tutto andrebbe cristallizzato al momento in cui il calcio si è fermato. In sostanza bisognerebbe fare così: congelare i conti delle società, spese e ricavi, e pagare le prestazioni, comprese tasse e contributi, fino a quando sono state erogate. Stesso discorso per i rimborsi: ai tifosi, per la quota parte dell'abbonamento non fruita, e agli sponsor, per il servizio che non è stato possibile fornire. Si potrebbe anche ipotizzare di spalmare il resto del torneo in due anni, ma a patto che sia a parità di costi. Quello che sottolineo è un netto no a soluzioni approssimative, pasticciate, che non hanno alcuna logica”.

E il Frosinone, in caso di chiusura anticipata del torneo, in quale serie dovrebbe giocare?

“Lo stesso criterio, quello della cristallizzazione a quella data, andrebbe utilizzato anche sul piano prettamente sportivo per promozioni e retrocessioni.

Ne consegue che il Frosinone, terzo in classifica, deve salire in Serie A con la prima e la seconda. Quindi tutte e tre o nessuna, su questo non ho alcun dubbio”.

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