Coronavirus, da Monti a Bonino fino a Tajani e Sassoli: «Ne va della vita dell'Ue»

Coronavirus, da Monti a Bonino fino a Tajani e Sassoli: «Ne va della vita dell'Ue»
di Simone Canettieri
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Venerdì 27 Marzo 2020, 23:19

Nessuno è per rompere, tuttavia i toni sono diversi. Anche se alla fine si arriva sempre lì: l'Europa deve ascoltare il grido d'allarme dell'Italia, i falchi del rigore non dovranno cedere il passo. E' questo il ragionamento che emerge dal giro di opinioni tra i protagonisti della Ue di oggi, ma anche di ieri. Soprattutto alla luce della riunione del premier Giuseppe Conte di ieri pomeriggio che si è risolto con un nulla di fatto, per il momento sugli strumenti che l'Unione dovrà mettere in campo per affrontare l'emergenza coronavirus

David Sassoli, presidente dell'europarlamento del Pd, non usa giri di parole: «Alcuni governi Ue si sono mostrati poco solidali. Noi siamo stati molto delusi da loro, ma non ci arrenderemo. Siamo solo all'inizio». Per l'esponente dem infatti  «non vorremmo ritrovarci dopo la crisi con i nostri Paesi in svendita, ecco perché abbiamo bisogno di rafforzare l'Unione e il suo mercato - afferma Sassoli -. Sarà la portata della crisi a convincere i riottosi, i timidi. Sono convinto che ci siano tutte le possibilità per una grande battaglia con i nostri cittadini, perché l'Europa ne esca più forte». Durante la riunione di giovedì scorso il premier Conte ha fatto i conti con il no della Germania ai coronabond. 

Al contrario nove leader, Conte, Sanchez, il francese Emmanuel Macron, il portoghese Antonio Costa, il greco Kyriakos Mitsotakis, l’irlandese Leo Varadkar, la belga Sophie Wilmes, lo sloveno Janez Jansa, il lussemburghese Xavier Bettel, hanno spinto  per i Coronabond. Da aggiungere agli strumenti economici già messi in campo dalla Bce e dalla Commissione


Antonio Tajani, numero due di Forza Italia e presidente uscente del parlamento europeo, è pronto a puntare i piedi. Tanto che dice: «Se l'Europa si ostina a non voler seguire la giusta via sarà il coronavirus a vincere. Non
condivido le scelte della Germania, sono un convinto europeista ma questa volta sono veramente indignato».

Il rischio è che a rimetterci sia il sentimento dell'Italia voler rimanere dentro l'Unione. Uno scenario che tutti vogliono scacciare. Al di là dell'opposizione di centrodestra, capitanata da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. 

Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del consiglio ma soprattutto già commissario europeo, è sicuro che alla fine la Germania cederà. A chi lo ha sentito in queste ore racconta: «Già nel 2012, in una situazione altrettanto complicata, prevalse il buonsenso».

La posta in palio è chiara a tutti, alla fine. E il partito della trattativa sembra spuntarla, soprattutto tra chi alla fine ha ricoperta ruoli di responsabilità. Come Emma Bonino, senatrice e volto storico dei radicali  in Italia nonché tra le altre cose già commissaria europea dal '95 al '99. Che al Messaggero dice: «Voglio fare una promessa: non capisco cosa voglia dire il presidente Conte quando dice: 10 giorni di tempo o faremo da soli? Cosa vuole il premier? Rivolgersi a Paesi terzi? Vuole affidarsi ai russi per l'energia e ai cinesi per i soldi? Gestire da solo un debito crescente significa anche gestire uno spread crescente. La sua è una frase che ha efficacia ma che è un bluff».

Bonino infine fa un'altra riflessione: «Io non ho mai pensato che nel giro di una riunione di vertice possa uscire il coronabond o qualsiasi ventilato strumento, purtroppo la differenza è nota e viene da lontano, mi sembra però interessante lo spostamento notevole della Francia, adesso si sono dati 15 giorni. Anche la Commissione e la Bce, dopo una falsa partenza, hanno messo sul tavolo delle soluzioni. Ma da soli dove vogliamo andare? Senza la Bce? Senza i soldi della commissione? In una famiglia di 27 non si arriva a un accordo per minacce. In una famiglia di 27 bisogna trovare una soluzione condivisa.  I rigoristi in queste ore dicono che abbiamo speso la flessibilità per interventi elettoralistici come Quota 100.  C'è un problema di riconquistare la fiducia di un'Europa. L'ultima cosa da fare  è battere i pugni sul tavolo, senza minacciare: senza la Bce o senza la Commissione dove andiamo?». 
 

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