Coronavirus, Carpi si "riconverte" per produrre mascherine. «Ma ci sono difficoltà burocratiche»

Coronavirus, Carpi si "riconverte" per produrre mascherine. «Ma ci sono difficoltà burocratiche»
di Rosario Dimito
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Mercoledì 25 Marzo 2020, 21:26 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 21:11

«Abbiamo imprenditori in grado di fabbricare mascherine e camici, sono in corso contatti con la struttura del Commissario Arcuri e con la Regione Emilia-Romagna: la filiera produttiva è pronta ma stiamo incontrando ostacoli burocratici legati alle disposizioni di protezione individuali (Dip) che rallentano il processo di riconversione delle aziende tessili». Stefania Gasparini (nella foto), vice sindaco di Carpi, con delega alle attività economiche e commerciali, piglio manageriale è il referente di Carpi fashion system, il consorzio di 1.000 imprese del distretto locale della moda, che dà lavoro a 7 mila dipendenti per un giro d’affari complessivo di 1,5 miliardi, di cui il 37% destinato all’export.

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«Stiamo verificando annullamenti degli ordinativi estremamente diffusi, nonché la grave carenza di materie prime: posso sottolineare che tale settore è sicuramente tra i maggiormente danneggiati dall’emergenza Covid-19», puntualizza la Gasparini che fa sapere come da giovedì 26 tutte le aziende non ritenute essenziali dal codice Ateco, devono chiudere, tranne quelle che si stanno attivando per la riconversione temporanea». Non tutte le realtà produttive di questo polo, ma almeno 20-30 di esse, tutte di piccole dimensioni ma grande determinazione, nell’ambito delle rispettive capacità produttive, si sono attivate per riconvertirsi. Dalla provincia di Modena arriva una risposta concreta al Commissario straordinario Domenico Arcuri che ha messo in pista un consorzio per realizzare 50 milioni di mascherine al mese, anche se ne servirebbero 90 milioni: da qui ne potrebbero essere prodotte subito 50 mila la settimana per arrivare a quota 250 mila. «La mia azienda Staff Jersey, 22 dipendenti, 3 milioni di fatturato, specializzata nei tessuti a maglie e linee sportive, è pronta a entrare in un circuito per dispositivi medico individuali», spiega il titolare Federico Poletti. «Noi siamo il primo anello della filiera aspettiamo al più presto l’autorizzazione per fabbricare mascherine. Eppure il ministero ha concesso ai produttori una deroga per riconvertirsi in funzione dell’emergenza». «Qualche giorno fa abbiamo appreso che l’Inail avrebbe bocciato parecchie richieste giunte sul percorso di accreditamento delle imprese disposte a riconvertirsi», precisa la Gasparini, esponente del Pd modenese di cui è presidente della direzione provinciale.

«Cerchiamo un capofila che coordini tutti le aziende come la mia disposta a mettersi in gioco», interviene Tamara Gualandi, titolare, insieme a Luciana Martinelli, di Donne Da Sogno, altra azienda del distretto, nata 15 anni fa per fabbricare total look donna, più di 2 milioni di ricavi, di cui il 65% di export, 7 dipendenti di cui 6 donne. «A giorni avviamo i primi test per preparare la produzione. In zona ci sono laboratori artigiani che, adottando tutte le modalità di sicurezza, possono contribuire». La Gasparini nella sua veste di collettore delle grandi manovre in corso, racconta «della richiesta di decine di aziende fattesi avanti per partecipare alla filiera». «Siamo a disposizione, la mia azienda ha cucitrici e modellisti in 3D, i prototipisti che cuciono utilizzando la tecnologia possiamo prestarli per fare le mascherine», precisa Gloria Trevisani, patron di Crea-Si, 19 dipendenti, un milione di ricavi. «Serve accelerare perchè il virus è ancora diffuso e serve proteggersi», aggiunge Poletti. 
 

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