Latina, il medico di base: «Solo pazienti con il terrore del contagio»

Latina, il medico di base: «Solo pazienti con il terrore del contagio»
di Vittorio Buongiorno
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Lunedì 23 Marzo 2020, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 15:18

E' laureato dal 1982, medico dal 1983, dal 1985 segue 1500 pazienti, ma come tutti i suoi colleghi di Latina, una situazione come questa non l'aveva mai affrontata. Enzo De Amicis non si scompone. «Tra i miei assistiti ho due rientri da zona rossa, lo hanno comunicato alla Asl e come vuole il protocollo io li sento due volte al giorno - racconta - Il primo è rientrato da Lodi venti giorni fa e ormai è uscito dalla quarantena, la seconda è rientrata tre giorni fa da Milano. Entrambi al loro rientro mi hanno chiamato, fortunatamente stavano ebene, poi abbiamo seguito il protocollo». Poi ci sono i pazienti in isolamento domiciliare per aver avuto contatti con positivi. «Una lavora in Tribunale e l'altra all'Inps (che sono due cluster del capoluogo pontino per via di un avvocato e una dipendente dell'istituto di previdenza risultati positivi), poi ne ho una che ha avuto contatti con un professionista di Bergamo morto per Coronavirus un altro che  lavora con una azienda di Roma con il titolare risultato positivo, sono tutti e quattro in quarantena, sotto stretta osservazione. Però non ho pazienti positivi».

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Lo racconta in una domenica di tregua. E' vero che da quando è scoppiata l'emergenza il numero di pazienti che frequenta il suo studio si è ridotto drasticamente («Una media di 8 a settimana») ma le telefonate non si contano. Non ha avuto, per fortuna, situazioni di rischio. «Ma ho adottato subito dei criteri di sicurezza. I pazienti possono entrare a studio solo con mascherina e guanti, dse non li hanno li fornisco io. Uno entra nel mio studio, uno resta in sala d'aspetto e gli altri fanno la fila fuori. Ovviamente anche io ho mascherina e guanti - racconta De Amicis - Li ho trovati non senza qualche difficoltà, so che adesso ne avremo una dotazione, ma io ho fatto da solo. Le mascherine le lavo con il disinfettante e le metto in asciugatrice prima di riusarle».

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In questi anni aspettando la ricetta elettronica De Amicis aveva messo a punto un "suo" sistema. «Sono stato uno dei primi a dare disponibilità per effettuare la ricettazione telefono». In qualche modo si è portato avanti rispetto ai tempi. «I miei pazienti trovano le ricette direttamente in farmacia in busta chiusa. Adesso m attrezzerò per la ricetta elettronica, mai i miei pazienti si trovano già bene e non hanno necessità in questo periodo di venire a studio per le ricette, vanno direttamente in farmacia». Poi però ci sono le telefonate. «Tantissime. Pazienti che mettono in sintonia la patologia che hanno con il contagio da Coronavirus. Nel 90% dei casi vogliono capire se questo collegamento esiste, decine di persone, basta un 37,2 o un colpo di tosse o dei dolori toracici e si spaventano. Lo capisco. Penso che in questo perioso servirebbe anche un aiuto psicologico, la possibilità di segnalare alla Asl le persone da aiutare».

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Casi a rischio però fortunatamente non ne ha ancora visti direttamente. «Forse in un caso avrei consigliato il tampone, ma l'ho seguito a casa e ha superato i problemi». La vera criticità a suo avviso in questo periodo riguarda tutti i pazienti che hanno altre patologie. «Mi spiego, ho avuto un paziente che ha avuto un tia (un attacco ischemico transitorio), ho fatto subito una cura con il cortisone e ll'ho mandato in ospedale, dove però gli hanno detto che non lo avrebbero ricoverato perché non c'erano posti e che sarebbe dovuto andare a Terracina. Tutto è diventato estremamente complicato. Meglio non ammalarsi di altre patologie». Per questo, a suo avviso, servirebbero direttive chiare: «Sarebbe meglio dicessero con chiarezza: per questa patologia andate qua, oppure là. Si eviterebbero perdite di tempo e inutili intasamenti».

Quando gli si chiede se ha o ha avuto paura del Coronavirus risponde sicuro. «No, sinceramente no. Ma i miei pazienti sì, lo vedo che sono preoccupati. Serve, lo ripeto, un supporto psicologico, mi chiamano e si mettono a piangere. Vorrei ci fosse una unità di supporto a cui segnalare i casi più seri». E' un servizio che la Asl di Latina ha avviato per i minori da alcuni giorni con il servizio di Neuroprichiatria infantile, ma che proprio ieri è stato deliberato anche per gli adulti.


La vita di tutto è cambiata in questo periodo, profondamente. Quella dei suoi pazienti, ma anche la sua. «Ho dovuto rinviare le attività tealtrali, i concerti, la partita della nazionale cantanti, tutte cose che stavo organizzando o avevo già organizzato». E poi gli manca lo sport. «Proprio adesso - sorride - che mi avevano richiamato a dare una mano al Latina Calcio». E allora nel tempo libero cosa fa? «Un gioco da tavolo a distanza con gli amici che avevamo inventato tanti anni fa in cui si gioca a calcio.

Ieri abbiamo giocato Feyenord-Stella Rossa». E poi ci sono i disegni. I ritratti fatti a penna dei suoi pazienti coprono una intera parete della sala d'aspetto del suo studio. E le vignette: le ha anche raccolte in un libro pubblicato un paio di anni fa. «Però c'è una cosa a cui sto pensando da giorni - dice alla fine della telefonata - A tutti i pazienti che vengono colpiti dal virus e sono ricoverati con la polmonite bilaterale. Quando tutto questo sarà finito bisognerà pensare a loro, a chi ce l'ha fatta, a chi è guarito: il Covid 19  lascia segni importanti, sono pazienti che andranno seguiti e studiati con unità ad hoc».

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