I dilettanti e l'emergenza.
Alessandri: «Allargare i tavoli di confronto ai dilettanti»

A destra Carlo Alessandri, portiere dell'Atletico Vescovio e presidente della CMAesport
di Alessandro Monteverde
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Domenica 22 Marzo 2020, 18:09
La pandemia di coronavirus che sta imperversando nel nostro paese ha travolto il mondo dello sport. Dal professionismo ai dilettanti lo stop si è esteso a tutte le attività, agonistiche e non, creando un dibattito mediatico su più fronti. Dall'opportunità per le squadre professionistiche di far allenare i propri tesserati alla possibilità per ogni cittadino di fare jogging nel rispetto delle misure di distanziamento sociale imposte dai decreti governativi. In mezzo a questo dibattito c'è la vita interrotta di tante società, atleti dilettanti e di collaboratori sportivi, che costituiscono il centro nevralgico dello sport in Italia e non solo. Le misure economiche emanate per far fronte a questa crisi non potevano che tenere conto di questo centro d'interessi. Ad illustrarcele chi dello sport ha fatto una ragione di vita, nonché un lavoro a tutti gli effetti.

Carlo Alessandri, portiere dell'Atletico Vescovio, presidente e co-founder della CMA - Creative Management Association, ha riassunto quelli che sono gli interventi previsti dal Decreto Cura Italia più attinenti il mondo dei dilettanti: «Aspettiamo che vengano emanati i protocolli ufficiali attraverso i quali le misure contenute nel decreto trovino concretezza. Intanto possiamo dire con certezza che a favore dei gestori di impianti sportivi è prevista la sospensione delle rate dei canoni di affitto nei confronti dei comuni e il pagamento di tutte le utenze. Per gli stessi e per tutte le organizzazioni sportive, vengono congelati a loro volta i costi di iscrizione e le spese istituzionali nei confronti delle Federazioni. Le istanze più importanti però - prosegue Alessandri - riguarderanno i costi degli abbonamenti o delle rate versate dagli utenti alle società per tutte le corsistiche. Pensiamo ad una Scuola Calcio la cui attività viene sospesa con i genitori i quali, però, hanno già sicuramente pagato in grossa parte l’iscrizione ai corsi annuale. Capire chi dovrà farsi carico dei rimborsi sarà un tema molto delicato e necessario perché questi introiti rappresentano una fonte di sopravvivenza essenziale per le società sportive, senza dimenticare tutti gli operatori che prestano il proprio lavoro come istruttori, tecnici, preparatori ed atleti il cui rimborso, purtroppo e molto spesso, viene rimesso all'accordo bonario ed orale tra le parti senza una benché minima tutela». 

Tutte questioni annose che affliggono il sistema a prescindere dall’emergenza COVID ma che in particolari situazioni come questa assumono ancor più risalto. «Il Decreto differenzia l’erogazione una tantum di 600 €: da parte dell’INPS, con specifica richiesta a lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (possessori di Partiva Iva come Personal Trainer, i contratti amministrativo-gestionali e dipendenti come manutentori o assistente ai bagnanti nel caso di corsi e impianti natatori); e da parte di Sport e Salute, le cui modalità di richiesta non sono ancora state fornite».

Lavoro e tanto ci sarà da fare ma forse, per la prima volta, si ha la sensazione che l'attenzione verso il mondo dello sport ci sia e coinvolga tutte le parti in causa: «Sono in atto tante istanze da parte del mondo sportivo, in particolare degli Enti di promozione e devo dire che rassicurerebbe un po’ tutti, se il Ministro Spadafora riunisse al tavolo non solo gli esponenti delle leghe più autorevoli ma anche i delegati delle federazioni e soprattutto i presidenti degli enti di promozione, che più di altri hanno il polso ed il termometro della situazione in termini di utenza sportiva e lavoratori nello sport in generale. In questa emergenza è necessaria la disponibilità di tutti gli attori affinché si arrivi ad un'azione uniforme per e da parte delle Federazioni nei confronti delle società. Penso ad incentivi fiscali per l'iscrizione ai prossimi campionati, per le spese di tesseramento e per tutte quelle voci che le società devono per forza mettere in conto all'inizio di ogni stagione».

C'è poi da sottolineare l'aspetto sanitario e di tutela della salute degli atleti. Il monito della FMSI che raccomanda per il settore giovanile lo stop agli allenamenti fino al 30 giugno, secondo Alessandri, nasce da una visione slegata da fattori temporali a cui per forza di cose dovremo pensare per il futuro: «Il messaggio di un ente così virtuoso ed importante era doveroso e lo trovo lungimirante. Troppo spesso si ragiona in ottica di un termine che appare costrittivo seppur necessario per trovare un termine di riferimento. La salute degli atleti al primo posto, per tornare a poter svolgere le attività in sicurezza non può che essere la strada maestra. Ma, dobbiamo considerare che la sicurezza degli atleti dovrà essere garantita in primis dalle organizzazioni sportive e dai gestori di impianti sportivi. Sostenendo gli enti sportivi su questo tema, sarà possibile garantire sicurezza e salute». Una ripresa che dovrà per forza tener conto anche dello stop che si paventa da qui alla fine di questa emergenza soprattutto in termini di condizione fisica: «Abbiamo visto come molti atleti si stiano attrezzando per svolgere gli allenamenti da casa anche in maniera ingegnosa e virale. Personalmente mi alleno in giardino o negli spazi che mi sono creato in casa da cui sto lavorando insieme a distanza con i miei soci, anche loro atleti agonisti».
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