Coronavirus, i medici del Nord alla rivista inglese: «In Italia infezione ovunque, si deve scegliere chi salvare»

Coronavirus, i medici del Nord alla rivista inglese: «In Italia infezione ovunque, si deve scegliere chi salvare»
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Sabato 21 Marzo 2020, 14:36 - Ultimo aggiornamento: 19:50

«L'infezione è ovunque in ospedale. Anche se indossi indumenti protettivi e fai il meglio che puoi, non puoi controllarla. Dobbiamo decidere chi può andare avanti». Lo racconta in maniera anonima uno dei tre medici di ospedali del Nord Italia, nella morsa dell'epidemia di nuovo coronavirus, intervistati dal New England Journal of Medicine, la più prestigiosa e antica rivista medica al mondo. «Sebbene la natura catastrofica dell'epidemia in Lombardia sia stata ampiamente pubblicizzata - si legge nell'articolo - quando abbiamo parlato con questi medici tutti e tre hanno richiesto l'anonimato, rispettando le indicazioni che gli sono state fornite. Il Dr. L., medico di un altro ospedale, ha ricevuto un promemoria ospedaliero che proibisce le interviste alla stampa per evitare di provocare ulteriore allarmismo pubblico. Tuttavia, come lui stesso ci ha detto, parlare al minimo della gravità della situazione sta avendo conseguenze letali. I cittadini non accettano le restrizionì, ha detto, 'a meno che tu non dica loro la verità».

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«Il sistema sanitario italiano - ricorda il Nejm - è molto apprezzato e ha 3,2 posti letto ospedalieri ogni 1.000 abitanti (rispetto ai 2,8 negli Stati Uniti), ma è stato impossibile soddisfare contemporaneamente le esigenze di così tanti pazienti in condizioni critiche. Gli interventi chirurgici elettivi sono stati annullati, le procedure semielettive posticipate e le sale operatorie sono state trasformate in terapie intensive di fortuna. Con tutti i letti occupati, anche i corridoi e le aree amministrative sono stati dedicati ai pazienti, alcuni dei quali ricevono una ventilazione non invasiva. Ma come trattare questi pazienti? Oltre al supporto ventilatorio per le polmoniti interstiziali gravi, la terapia è empirica, e si stanno provando i farmaci lopinavir-ritonavir, clorochina, o talvolta steroidi ad alte dosi».

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«E come prendersi cura dei pazienti che presentano malattie non correlate?», si chiede Nejm. «Sebbene gli ospedali stiano tentando di creare unità Covid-19, è difficile proteggere altri pazienti dall'esposizione. Il dottor D. ha detto, ad esempio, che almeno 5 pazienti che erano stati ricoverati nel suo ospedale per infarto miocardico si presume siano stati infettati da Covid-19 mentre erano ricoverati in ospedale. E se proteggere i pazienti è difficile, lo è anche proteggere gli operatori sanitari, inclusi infermieri, terapisti respiratori e coloro che hanno il compito di pulire le stanze. Quando ci abbiamo parlato, il Dr. D. era uno dei 6 medici della sua divisione che sospettavano l'infezione da Covid-19. Dati i ritardi nei test e la percentuale di persone infette che rimangono asintomatiche, è troppo presto per conoscere il tasso di infezione tra i caregiver. E sono proprio queste circostanze che rendono così difficile il controllo delle infezioni.
«L'infezione è ovunque in ospedale», dice il dottor D. «Anche se indossi indumenti protettivi e fai il meglio che puoi, non puoi controllarla».

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«La sfida, ha detto il medico - prosegue Nejm - ha meno a che fare con la cura dei pazienti, nelle cui stanze i medici sono schermati con dispositivi di protezione, quanto con le molte altre attività quotidiane degli operatori sanitari: toccare i computer, salire sugli ascensori, vedere i pazienti ambulatoriali, pranzare. La quarantena obbligatoria dei lavoratori infetti, anche quelli con malattia lieve, è fondamentale per il controllo delle infezioni. Ma se non tutti sono ugualmente vulnerabili alle malattie gravi, c'è da pensare anche alla carenza di forza lavoro». «Un giovane medico, il dottor S., mi ha raccontato che nel suo ospedale ci sono giovani medici in prima linea, che fanno turni extra e lavorano anche al di fuori delle loro specialità. Hanno la paura negli occhi - dice - però vogliono aiutare». 

 

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