Coronavirus, David Quammen: «Preserviamo l'ambiente ed eviteremo catastrofi»

Coronavirus, David Quammen: «Preserviamo l'ambiente ed eviteremo catastrofi»
di Francesco Musolino
4 Minuti di Lettura
Sabato 21 Marzo 2020, 14:22
«Sono molto dispiaciuto per la violenza con cui il contagio sta colpendo l'Italia». Direttamente dagli Stati Uniti, spetta al 72enne giornalista scientifico americano, David Quammen, spegnere i focolai aizzati dal panico usando la ragione. Del resto, il destino comune degli uomini di scienza è quello di non essere ascoltati sino ad un minuto dalla mezzanotte. Leggiamo le loro parole, condividiamo sui social network gli interventi ma passiamo oltre sin troppo facilmente, bollandoli come allarmisti. Salvo poi pretendere chiarezza proprio da queste voci, fari nella notte, salvavita contro il caos che esonda. Non è un caso se in questi giorni di appelli alla responsabilità, con la zona rossa estesa a tutta la penisola, il libro più venduto sia proprio Spillover (Adelphi, tr. Luigi Civalleri, pp. 608 14), un avvincente saggio centrato sul concetto di zoonosi. A Il Messaggero, direttamente dagli Stati Uniti, David Quammen lancia un allarme inequivocabile: «Noi invadiamo le foreste tropicali e i paesaggi selvaggi che ospitano piante, animali e virus sconosciuti. Tagliamo alberi, mettiamo animali in gabbia e li spediamo nei mercati cittadini. Distruggendo gli ecosistemi, liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Sì, il Coronavirus e le pandemie di questi anni sono il frutto delle nostre azioni».

Mr. Quammen com'è esploso il contagio del Covid-19?
«Dobbiamo capire che ogni volta che disturbiamo un ecosistema ci sono conseguenze. Tutte quelle creature - animali selvatici e piante, funghi e batteri - contengono virus. Distruggendo il loro habitat, invitiamo quegli stessi virus a cercare un nuovo ospite. Spesso, siamo noi umani».

Ci dica di più.
«Le prove attuali suggeriscono che il virus COVID-19 (COVID-19 è il nome della malattia mentre il virus è formalmente chiamato SARS-CoV-2) è legato ad un pipistrello che potrebbe essere stato appollaiato in una grotta o sotto il tetto di un edificio nella Cina centrale. Catturato e trasferito al mercato di Huanan nella città di Wuhan, è stato tenuto in gabbia accanto ad altri animali in vendita. Molto probabilmente il virus di quel pipistrello è saltato in un altro animale - forse un Pangolino (o formichiere squamoso) un ospite serbatoio in cui è avvenuta la prima mutazione. E infine, quando questo animale è stato mangiato, il virus è stato trasmetto all'uomo, dando il via al contagio».

Nel 2012 scoppiò l'emergenza del coronavirus Mers dall'Arabia Saudita, nel 2014 l'Ebola dall'Africa, nel 2016 Zika in Uganda, oggi il Coronavirus dalla Cina. Ci sono punti in comune?
«Questi virus, questi contagi globali, sono connessi. Non sono eventi individuali. Fanno parte di un modello, conseguenza diretta di ciò che noi stiamo facendo. Sono tutti virus zoonotici, virus di animali non umani che sono passati nell'uomo. Rompendo l'equilibrio abbiamo offerto noi stessi e il nostro bestiame come ospiti alternativi».

La paura può spingerci a cambiare?
«Il panico è un'emozione inutile, a meno che non produca in noi un cambiamento, un pensiero più responsabile e attivo. Forse questo COVID-19 ci insegnerà a prendere consapevolezza dei rischi che stiamo correndo».

Sarebbe azzardato pensare che la natura si stia difendendo da noi umani?
«Non penso in termini di vendetta della natura, non posso permettermi di prendere la questione sul piano personale. La Natura non è un giustiziere, non si prefigge un obiettivo da perseguire. Sono un materialista darwiniano, intriso di pensiero ecologico oltre che evolutivo. Questi virus provengono da altri animali nell'uomo non perché hanno uno scopo ma perché colgono una ghiotta opportunità».

Vista la situazione globale, rischiamo che la zoonosi diventino più frequenti e pericolose?
«Le nuove infezioni di zoonosi diventeranno più frequenti e pericolose se la popolazione umana, il consumo e la distruzione degli ecosistemi selvatici continueranno a crescere? Sì, penso proprio che questa sia una possibilità concreta».

Mr. Quammen tutta l'Italia è stata dichiarata zona rossa. Le misure di quarantena e di contenimento globale saranno sufficienti?
«Innanzitutto, mi lasci dire, sono molto dispiaciuto per la violenza con cui il contagio sta colpendo l'Italia. Quarantena e contenimento sono misure molto complicate e controverse. A volte aiutano (come sembrano aver aiutato le misure draconiane cinesi nella provincia di Hubei) e a volte l'effetto è negativo, spingendo le persone infette a nascondere le loro condizioni, fuggendo; in tal modo preziose risorse che dovrebbero essere utilizzate per il rilevamento, l'isolamento e il trattamento dei casi, si concentrano sulla chiusura dei confini, sulla caccia ai contagiati. Una cosa è certa, le nostre risposte a questo focolaio sono state lente, ci siamo fatti trovare gravemente impreparati davanti all'esplosione del contagio».

In Spillover parla del prossimo grande virus che arriverà, The Big One. Oggi cosa possiamo fare per prevenire una futura catastrofe?
«Le istituzioni sanitarie mondiali che lavorano per identificare, comprendere e creare vaccini e terapie contro le nuove infezioni dovrebbero ricevere una robusta campagna di investimenti dalle istituzioni.

Dovremmo chiedere ai nostri leader di governo di prendere finalmente sul serio questa minaccia».
Negli Stati Uniti che situazione c'è?

«Il nostro stupido presidente, negli ultimi tre anni ha ridotto i finanziamenti del Centers for Disease Control and Prevention e nel Consiglio di sicurezza nazionale ha licenziato gli esperti sulle minacce globali delle malattie. Come cittadini abbiamo il dovere di informarci e considerare tutte le conseguenze delle nostre scelte di vita. Tutto conta: quanti bambini abbiamo, cosa mangiamo, quali altri prodotti consumiamo, dove viaggiamo. La pandemia non è colpa del singolo cacciatore che ha catturato il pipistrello, di chi l'ha messo in gabbia o l'ha venduto al mercato. Siamo tutti responsabili».

Cosa si augura?
«Che possiamo imparare la lezione senza che il COVID-19 diventi qualcosa di orribile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA