Coronavirus, l'incubo degli italiani sulla nave infetta: «Quasi 100 malati: salvateci, non vogliamo morire qui». Ecco la mail a Di Maio

L'equipaggio della Costa Magica convocato in teatro per la misurazione della febbre
di Francesco Padoa
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Sabato 21 Marzo 2020, 01:09 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 11:56

«Siamo malati e prigionieri su questa nave da crociera, intrappolati come topi, chiusi nelle nostre cabine: abbiamo paura, venite a prenderci, vogliamo tornare in Italia per farci curare. Qualcuno di noi rischia di morire qui in mezzo al mare. Aiutateci». E’ il grido di allarme, una vera e propria richiesta di SOS che arriva via whatsapp da alcuni membri dell’equipaggio della Costa Magica, in tour nelle acque turchesi dei Caraibi, luoghi paradisiaci ora trasformatisi in un inferno. Nicoletta, Alessandro e Stefano parlano dalle loro cabine, sono tre dei 130 italiani della crew della nave: stanno vivendo questa terribile esperienza che non sanno quando e come si concluderà.

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In tutto 970 membri di equipaggio. I passeggeri sono stati fatti sbarcare e rimpatriare d’urgenza con le massime precauzioni quasi una settimana fa. Loro, hostess, cuochi, animatori, camerieri, tutto il personale al completo, sono dovuti restare a bordo e da allora nessuna isola, nessun porto, nessuno, vuole dare l’autorizzazione alla nave ad attraccare e a farli sbarcare. E così, per dare più forza alla loro richiesta di aiuto hanno scritto una mail al ministro degli Esteri Luigi Di Maio: raccontano tutto quello che è accaduto dall’inizio e l’incubo che stanno vivendo (più sotto ne riportiamo i passaggi principali con la cronologia esatta dei fatti, una sorta di diario di bordo).



Ma intanto la “Magica” continua a navigare in tondo (vedi sopra) con il suo carico di infetti: Martinica, Barbados, Guadalupa, in attesa che accada qualcosa che sblocchi la situazione. In 90, ma il numero aumenta giorno dopo giorno, sono in quarantena in cabina perché malati: febbre alta, mal di gola, raffreddore, tutti i sintomi del coronavirus. Ad alcuni, i più gravi, è stato fatto il tampone, i pochi disponibili: positivo, il verdetto. Tutti gli altri sono in isolamento nelle proprie cabine: ricevono il cibo a “domicilio” (nella foto sotto i vassoi lasciati a terra davanti alle cabine), sono collegati al mondo, alle famiglie, solo grazie a internet. Le condizioni sanitarie a bordo sono al limite: all’equipe medica, composta da un medico, un dentista e un infermiere, sono stati aggregati un altro dottore e un infermiere. Grande volontà, ma non basta ad affrontare l’emergenza. Oggi gli ultimi due malati, italiani, che lavorano in cucina.



«Mancano le apparecchiature respiratorie – racconta con voce angosciata Alessandro – se la situazione si aggrava non so che fine faremo. Dalla compagnia ci assicurano che è tutto sotto controllo, che dobbiamo stare tranquilli, e continuano a trasmettere sugli schermi un video con il quale vorrebbero rassicurarci; il comandante si impegna al massimo per metterci nelle migliori condizioni, per evitare che il panico ci sopraffaccia. E oltre a rassicurare noi, rassicurano la Farnesina, e così non si sblocca la situazione. Ma come si fa a non aver paura, quando, come l’altro giorno, vedi uno di noi stare malissimo, in crisi respiratoria: dopo molte trattative e ore di attesa sono riusciti a portarlo via con un elicottero (nella foto sotto). Preghiamo per lui, non sappiamo dove sia e se è ancora vivo».



Nicoletta (nome di fantasia per l’espresso desiderio di mantenere l’anonimato) è chiusa in cabina, qualche giorno fa aveva la febbre a 38.5, ora sta un po’ meglio, ma sente addosso tutti i sintomi di questo coronavirus. E della paura. «Non è come un’influenza normale, si sente la differenza, sicuramente è più persistente. Mi faccio forza, cerco di mangiare. Ma non sappiamo quanto dobbiamo restare ancora prigionieri qui dentro, mentre l’infezione si diffonde tra di noi. Ci hanno detto che affrontare una traversata per tornare in Italia in queste condizioni sanitarie non è possibile, ma aspettare e fare la quarantena in mezzo al mare è terribile. Una sensazione di impotenza: e se qualcuno si aggrava ancora di più che faranno? Mica possono venire a prenderci uno per uno con l’elicottero come è successo l’altro giorno con il nostro collega colombiano».

Ma come è arrivato questo maledetto coronavirus a bordo? Nicoletta non ha dubbi: «Non capiamo perché, mi sembra fosse il 6 marzo, quando la Lombardia era già stata dichiarata zona rossa, abbiano fatto imbarcare a Guadalupa un gruppo di passeggeri italiani provenienti da Milano. Milano, avete capito? Perché li hanno fatti arrivare e salire a bordo? Lì è cominciato il nostro incubo. Qualche giorno dopo ho cominciato a sentirmi male». Aggiunge Alessandro: «La situazione è catastrofica, siamo disperati. Chiusi, malati e senza adeguata assistenza. Non ci vogliono far sbarcare, e addirittura non vogliono neanche che la nave si fermi in rada. Ci sentiremmo più sicuri in caso di emergenza, se qualcuno di noi si aggravasse i soccorsi potrebbero essere più tempestivi. Invece dobbiamo restare a 26 miglia dalla costa, in alto mare».

Non si danno pace perché pensano che il contagio poteva essere evitato. «Hanno fatto arrivare quei passeggeri dalla zona rossa - racconta Stefano mentre osserva il mare all’infinito dall’oblò della sua cabina - e in pochi giorni la nostra vita è stata messa a repentaglio. La tensione è cresciuta di giorno in giorno tra i passeggeri, man mano che le varie isole ci vietavano l’attracco: sono anche volate parole grosse verso alcuni colleghi, alcuni della reception sono stati aggrediti, presi per il collo. La situazione stava degenerando finché sono stati sbarcati tutti tra Martinica e Guadalupa. Ma solo i passeggeri, noi siamo rimasti qui, a soffrire, senza sapere che ne sarà di noi».

LA LETTERA AL MINISTRO  DI MAIO
Gentile Ministro degli Esteri Luigi Di Maio,
Sono un membro dell’equipaggio di Costa Magica, cercherò di esporre i fatti in maniera più chiara e distaccata possibile nonostante sia coinvolto in prima persona nella vicenda e stia rischiando quotidianamente la vita insieme a tutti i miei colleghi e concittadini italiani.

Solo noi sappiamo cosa sta accadendo, vivendo direttamente questo pericolo in prima persona... L'unità di Crisi afferma che sia responsabilità di Costa il rimpatrio dei propri lavoratori nonostante, prima di essere lavoratori, siamo cittadini italiani in pericolo di vita. L’azienda rassicura voi a terra dicendo che è tutto tranquillo ma non è così... C’è la salute dei vostri ragazzi in gioco. Quei ragazzi che lavoravano col sorriso tutti i giorni dalle 12 alle 15 ore... Ora ci troviamo in territorio francese ma non ci garantiscono comunque aiuto di primo soccorso. Allora chiediamo che almeno ci diano la possibilità di far atterrare un 767 in biocontenimento dell'aereonautica militare per salvarci la vita e darci le cure di cui necessitiamo nel nostro Paese.

Qui siamo in trappola Ministro, abbiamo bisogno del vostro aiuto per tornare a casa.
Confidiamo nello Stato Italiano e vi aspettiamo al più presto
I vostri ragazzi di Costa Magica


Cronologia degli eventi l 26 febbraio 2020 ad oggi 19 marzo 2020.

26 febbraio 
Primo rifiuto di sbarco a St. Lucia (Isole Britanniche).

27 febbraio
Primi problemi di sbarchi e imbarchi a Martinique, (Forte de France), causati da uno sciopero della popolazione locale contro crocieristi europei data l'emergenza sanitaria da Covid-19.

28/29 febbraio 1/2/3 marzo
Tutto regolare secondo programma.

4 marzo
St. Kitts ci rifiuta l'attracco e rimaniamo in navigazione.
 
5/6 marzo
A Martinique e Guadalupe imbarchiamo nuovi passeggeri provenienti dalle zone rosse violando le normative di governo del 01/03/2020.

7 marzo
Navigazione.

8 marzo
Diretti verso Trinidad e Tobago ci comunicano che non otterremo la libera pratica ed allora cambiamo rotta dirigendoci verso Barbados.
 
9 marzo
Da Barbados, prima di darci la libera pratica, riceviamo la richiesta di effettuare tamponi corona virus per alcuni passeggeri con sintomatologia sospetta. Dopo una lunga attesa durata 8 ore ci negano l'attracco. Partiamo alla volta di St. Marteen.

10 marzo
A St. Marteen (questa sarà l'ultima volta che riusciremo ad attraccare normalmente) riusciamo a scendere ed attraccare in porto come da programma.

Nel pomeriggio, ci comunicano da St. Lucia, che non ci avrebbero concesso la libera pratica per l’attracco.
Chiediamo cosí un prolungamento di sosta a St. Marteen che ci viene negato.
Lasciamo la banchina e partiamo in navigazione.

11 marzo
Navigazione.

12 marzo
Arrivano i comunicati ufficiali di due persone affette da coronavirus a bordo di Costa Magica (1 membro dell’ equipaggio ed 1 passeggero)
Rimaniamo sotto radar a Martinique.

13 marzo
Ci consentono l'accesso al porto per lo sbarco dei passeggeri locali e per quelli a cui è stato assegnato un volo d'emergenza per il rimpatrio.

14/15 marzo
A Guadalupe attracchiamo e sbarchiamo sia passeggeri locali che quelli a cui è stato assegnato un volo d'emergenza... tranne per 4 passeggeri in isolamento.

15 marzo
Partiamo verso St Marteen per rifornimento carburante e cibo, ma uno dei quattro passeggeri si aggrava, cosí facciamo manovra e torniamo a Guadalupe che non ci da la libera pratica per l'attracco costringendoci a sbarcare i passeggeri con una scialuppa di salvataggio a circa 6 miglia dalla costa; per poi tornare verso St Marteen.

16/17 marzo
A St Marteen facciamo carburante, rifornimento cibo, imbarchiamo un nuovo medico e ritorniamo verso Martinique.
A bordo rimane solo l'equipaggio ma da lí a poco, la situazione si aggrava e giorno per giorno siamo costretti ad isolare i sospetti contagiati in camere singole; passiamo dai 15 casi di persone con sintomi il primo giorno a 65 il terzo giorno.
Cosí, decidono di sposare tutto l’equipaggio nelle cabine passeggeri per evitare il diffondersi del contagio con l'obbligo di uscire dalla cabina solamente per i pasti, che si svolgeranno inadeguatamente in luoghi comuni senza mezzi di protezione (mascherina e guanti) e senza la possibilità di mantenere la distanza di sicurezza di 1mt.

18 marzo
Martinique ci nega l’attracco e la sosta in rada, dobbiamo distare almeno 26 miglia dalla costa. Nel mentre un nostro collega, giá in sofferenza da giorni, si aggrava e viene colpito da una crisi respiratoria. Cosí, viene richiesta alle autorità di Martinique, verso le 10 del mattino, assistenza medica da terra tramite un elicottero. Alle 14.30 arriva il mezzo e lascia 3 operatori sanitari sprovvisti di equipaggiamento adeguato.
L'elicottero riparte verso Martinique.
Il paziente viene imbragato e lasciato in attesa per circa 5 ore sempre in crisi respiratoria
A quel punto il nostro staff medico chiede l’autorizzazione a trasportare il paziente tramite una nostra scialuppa di salvataggio, ma le autorità di Martinique lo negano. 
Alla fine, dopo varie pressioni internazionali e passate oramai 5 ore , l’ elicottero ritorna e recupera il nostro membro dell'equipaggio, del quale tutt' ora non si hanno notizie.

19 marzo
A bordo viene annunciato l’isolamento forzato per tutto l’ equipaggio senza possibilità di uscire dalla cabina anche ai membri "sani" 24 ore su 24.
Non c'è la possibilità di fare una quarantena, in quanto, non possiamo ricevere assistenza di primo soccorso dall'esterno e così venendo a meno ai patti internazionali di aiuto e salvaguardia della vita umana in mare.





 

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