Coronavirus come la guerra, da Conte a Burioni il linguaggio diventa bellico

Coronavirus come la guerra, da Conte a Burioni il linguaggio diventa bellico
di Mario Ajello
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Martedì 10 Marzo 2020, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 10:00

Annuncia il virologo star  Roberto Burioni: “Un tiranno ha sconvolto la nostra vita, e si chiama coronavirus. Resisteremo e combatteremo ovunque, nelle case, nei luoghi di lavoro. Aiutando i più deboli e sacrificandoci per un domani migliore. E poi ci rifaremo. Coronavirus, non vincerai. Ne abbiamo cacciati di peggiori”.

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Ed è un linguaggio da Grande guerra. Oppure si usano le atmosfere da Guerra e pace di Tolstoj: il morbo avanza attraverso l’Italia desolata, ma poi un nostrano Kutuzov lo fermerà? Oppure lo fermerà Churchill cioè Conte che si è paragonato allo statista inglese dell’Ora più buia ma dopo aver vinto contro il nazismo   - la cui metafora per Camus sarebbe stata la peste del suo libro capolavoro - fu cacciato? Macché Churchill.

Dicono gli oppositori di Conte, semmai somiglia a Chamberlain, lo statista britannico moscio che non capì la pericolosità di Hitler e cedevole e incapace di fronte a lui nella conferenza di Monaco. Oppure Conte pensa di scrivere il "Debello Virus"? In fondo fino a ieri l'Italia era divisa in "partes tres".

O ancora. C’è chi cita Clemenceau, il presidente francese che diceva: “La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai generali”. Ma qui, nel governo anti Coronavirus, si sentono tutti generali.

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