Matteo Collura
​Matteo Collura

Il controesodo/ Gli irresponsabili che invertono il cammino

di ​Matteo Collura
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Lunedì 9 Marzo 2020, 00:24
Il coronavirus (e purtroppo siamo solo all’inizio) è riuscito in quello che nessuno avrebbe mai immaginato. Ha invertito il “cammino della speranza”, quello che dalla fine dell’Ottocento ha visto spostarsi, dalle regioni meridionali a quelle del settentrione, folle di disoccupati in cerca di lavoro. È bastata qualche ora, sabato sera, perché in Lombardia (a Milano soprattutto) un gran numero di studenti e di lavoratori fuori sede provenienti dal Sud desse l’assalto alle stazioni ferroviarie e dei pullman, all’aeroporto di Linate e Malpensa, persino agli autonoleggi, per fare rotta in direzione della Puglia, della Campania, della Calabria, della Sicilia. 
Nello scriteriato fuggi-fuggi nessuno ha pensato che questo esodo alla rovescia avrebbe attizzato chissà quanti focolai nelle zone d’Italia finora rimaste quasi prive di contagio. Per questo è giusto definire a dir poco irresponsabili coloro che hanno fatto trapelare, prima che venisse ufficialmente divulgato, il decreto che limita la mobilità in Lombardia e in altre quattordici aree provinciali del Nord. Come faranno adesso Sicilia e Calabria a difendersi, con i presidi ospedalieri che si ritrovano? Come faranno campani e pugliesi? Da siciliano che da molti anni vive a Milano, so che non è una semplice battuta quella che dice che il migliore medico, per i siciliani, è il pilota ai comandi dell’aereo che, in caso di malattia, li porta al Nord. 

In situazioni normali, sappiamo tutti che negli ospedali di Milano, Pavia, Brescia, Bologna, Verona (per indicarne soltanto alcuni) una buona parte dei ricoverati proviene del sud. Per questo, quando il coronavirus si è manifestato in Italia, con evidente concentrazione in Lombardia, in Veneto e in Emilia, ci siamo detti che questo era un vantaggio, perché in quelle regioni le strutture ospedaliere sono di buon livello (in alcuni casi di eccellente livello). Conosco i pronto soccorso di Palermo e di Agrigento, dove in situazioni normali gli ammalati e traumatizzati sono tenuti per ore, alcune volte per notti intere, su brandine, nei corridoi. 

Come si provvederà – e con tutto il cuore ci auguriamo che non ce ne sia bisogno – a fornire le strumentazioni necessarie, le camere asettiche, tutto ciò che serve per combattere e debellare le polmoniti? In questo stesso giornale avete già letto, o leggerete, gli appelli dei presidenti delle regioni Puglia, Calabria, Sicilia, Campania. In sintesi, un appello ai lavoratori fuori sede o agli studenti che tornano nelle loro case, tra i propri familiari, di fare marcia indietro, se sono in tempo, o di sottoporsi a una volontaria quarantena («isolamento fiduciario» lo chiamano), per non mettere a rischio le loro regioni d’origine. 

Lo stesso, immagino, hanno fatto o faranno i governatori di Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata. Un paradosso, questo, che ieri è venuto a ribaltare quanto finora si è detto dell’Italia del Nord in relazione al suo Sud. Tutta una letteratura racconta di uomini e donne che, a costo di duri sacrifici, hanno lasciato le loro misere case per cercare una vita migliore per sé e per i propri figli. E ricordate, nel cinema, quanta pena, quanto dolore? Due soli titoli possono bastare a renderne l’idea: “Rocco e i suoi fratelli” e “Il cammino della speranza”. Un cammino ora, pazzescamente e in una notte ripercorso in tutta fretta, al contrario. Chissà quante altre sorprese, governati come siamo, ci riserverà questo Covid-19.
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