Nel testo si spiega che è ormai «superato il regime sperimentale dell'obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con la conseguenza che la misura opera a regime», per cui almeno il
10% dei dipendenti deve risultare in smart working, sempre che ci sia richiesta. Anzi «le amministrazioni, nell'esercizio dei poteri datoriali e della propria autonomia organizzativa, verifichino la sostenibilità organizzativa per l'ampliamento della percentuale di personale che può avvalersi delle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra cui in particolare il lavoro agile».
Sono previste misure di incentivazione come l'utilizzo di soluzioni cloud per agevolare l'accesso condiviso ai dati, il ricorso a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro e infine l'attivazione di un sistema bilanciato di reportistica interna ai fini dell'ottimizzazione della produttività.
«Facciamo di necessità virtù, proviamo a ribaltare la delicata situazione che il Paese sta vivendo e incoraggiamo la rivoluzione dello smart working nella Pa, passando dalla fase di sperimentazione all'ordinarietà», ha commentato la ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone in un post su Facebook dopo l'emanazione della circolare.
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