Coronavirus, l’altra vita della coppia di Wuhan guarita allo Spallanzani: «Incubo finito, visiteremo Roma»

L’altra vita della coppia di Wuhan guarita allo Spallanzani: «Incubo finito, visiteremo Roma»
di Camilla Mozzetti
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Venerdì 28 Febbraio 2020, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 13:53

Quando l’ha vista arrivare, al fianco di un infermiere, qualche lacrima gli ha rigato il volto. Sapeva che sarebbe uscita anche lei dalla Terapia intensiva. Perché sua moglie, dietro quel volto gentile, nasconde un’anima tenace. Forte. Forte come lui che le è al fianco da una vita e che per primo ha neutralizzato il Covid-19. Ha aspettato senza ansia, senza paura che la sua compagna arrivasse in reparto una volta sconfitto il male, lasciando l’unità intensiva dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani. E a quel punto, gli occhi non hanno potuto trattenere la gioia di rivederla. Una carezza appena e un bacio sul dorso della mano per ritrovarla dopo i giorni dell’incertezza.

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Eccoli i coniugi di Wuhan a un mese da quella sera in cui un’autoambulanza con personale specializzato li ha prelevati d’urgenza dall’hotel Palatino di via Cavour perché entrambi avevano la febbre alta e non riuscivano a respirare. «La nostra vita riparte ora da qui», hanno detto entrambi rivolgendo grandi sorrisi e non risparmiando gli abbracci agli infermieri e ai medici dello Spallanzani. «Ci avete salvato e questo non lo dimenticheremo mai». 
L’uomo, un ingegnere di 66 anni, è stato trasferito in reparto già qualche giorno fa e in un tempo brevissimo, che ha meravigliato anche i sanitari, si è rimesso in piedi dopo la riabilitazione nonostante il suo corpo minuto. La moglie, un insegnante di Letteratura di un anno più piccola, ha lasciato la Terapia intensiva mercoledì ed ora dovrà affrontare la riabilitazione ma dallo Spallanzani confidano che presto entrambi potranno essere dimessi. 
 



«UN’ALTRA OCCASIONE»
Ieri c’è stato il modo e il tempo di incontrare anche il personale sanitario, i due cinesi sono ancora in camere separate ma la struttura sta provvedendo per una sistemazione unica. «Il rischio che abbiamo corso è stato enorme ma voi - hanno detto i coniugi ai medici, all’équipe diretta dal professor Emanuele Nicastri, alla direzione sanitaria guidata dal dottor Francesco Vaia e all’assessore alla Salute della Regione Lazio Alessio D’Amato - ci avete dato un’altra occasione». E ancora una volta è sopraggiunta la commozione: i pollici alzati al cielo in segno di vittoria, i grandi sorrisi. 

In trenta giorni molte cose sono cambiate: l’arrivo in ospedale in condizioni critiche, il peggioramento dei primi giorni, la sedazione per permettere alle macchine di trasportare ossigeno ai loro polmoni piegati dal virus. E poi la ripresa, graduale ma costante, il supporto della figlia, arrivata dagli Stati Uniti, che da dietro i vetri della Terapia intensiva non ha mai smesso di mostrare loro i grandi “dazebao” - cartelli con frasi d’affetto scritti in cinese - per fargli sapere che non erano soli, mentre loro rispondevano con gli occhi, battendo le palpebre «a mantenere vivo quel dialogo», dicono i medici. 

«VORREMMO VEDERE LA CITTÀ»
«Ci piacerebbe poter visitare prima di partire Roma, vedere qualcosa se sarà possibile», hanno detto i coniugi di Wuhan perché il loro viaggio, interrotto poi dal coronavirus, era una vacanza sognata per scoprire l’Italia che fino ad allora avevano studiato sui libri, sulle guide, su internet. Quasi certamente i due professionisti per ora non faranno ritorno a Wuhan nonostante lì ci sia la loro casa e la loro vita. «Ne stiamo ancora discutendo - spiega la figlia - forse potrebbero venire con me negli Stati Uniti o da alcuni parenti a Pechino». Ma di certo la loro storia a lieto fine compone un argine reale alla minaccia del coronavirus: «Dalla malattia si può guarire».

Ad oggi presso lo Spallanzani sono stati valutati 167 pazienti - recita l’ultimo bollettino medico - di questi, 120 (risultati negativi al test) sono stati dimessi. Quarantasette sono i pazienti tutt’ora ricoverati. «Finora - commenta l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato - non abbiamo casi autoctoni ma siamo sempre pronti ad ogni evenienza». Anche per questo «è stato attivato un nuovo numero verde, 800.118.800 - conclude D’Amato - che già da questa mattina (ieri ndr) ha dato risposte a oltre 2.500 persone». Di fronte all’Istituto poi la Regione ha attivato un’unità di “pre-triage” per l’accoglienza dei casi sospetti di Covid-19. Intanto sabato si conclude la quarantena dello studente di 17 anni rientrato da Wuhan: oggi è atteso l’arrivo dei genitori e non è escluso che possa esserci l’occasione per una festa collettiva contro il virus.
 
 

 

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