Usura ed estorsione: bastonate a chi non pagava. Smantellato sodalizio criminale tra le famiglie Romagnoli e Gullace tra Roma e litorale

Usura ed estorsione: bastonate a chi non pagava. Smantellato sodalizio criminale tra le famiglie Romagnoli e Gullace tra Roma e litorale
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Mercoledì 26 Febbraio 2020, 12:54 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 19:44

Presititi con interessi di oltre il 40 per cento mensile e chi non pagava veniva preso a bastonate. Così la famiglia Romagnoli faceva i suoi affari prestando soldi, attività ricostrutita passo dopo passo dagli investigatori. I poliziotti della Questura di Roma e militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Umberto Romagnoli, 73 anni, sua figlia Francesca, 36 anni, e il luogotenente Giuseppe Profenna, 53enne, indagati per usura, estorsione e abusivo esercizio del credito. Gli investigatori hanno ricostruito numerosi rapporti usurari gestiti dalla famiglia Romagnoli che, nel caso di mancata o ritardata restituzione del denaro, estorcevano, unitamente a Profenna, con minacce e violenza, i crediti che vantavano dalle vittime. Il 73 enne non ammetteva mezze misure: «Io te pio a bastonate… non è cattiveria… però devi fare la persona seria… io i soldi che c’ho me li sò fatti con l’anni de galera non me li hanno regalati a me», e ancora «a me quelli grossi mi piaciono perché fate il botto quando cascate». Accanto ai due uomini, destinatari di misura cautelare in carcere, emerge la figura della figlia Francesca, per la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La donna, oltre ad aver fattivamente partecipato ad alcuni episodi di usura, è la compagna di Bruno Gallace, primogenito del più noto Giuseppe Antonio – pregiudicato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti (oggi defunto) – e fratello di Vincenzo – esponente di vertice dell’omonima cosca calabrese di Guardavalle, da anni sul litorale romano, tra Nettuno e Anzio.

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L’operatività dei Gallace, come locale di ‘ndrangheta in provincia di Roma, è stata giudizialmente sancita dalla Corte di Appello di Roma che con la sentenza del giugno 2018 ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri a diversi esponenti della cosca. Proprio il legame tra i Gallace e i Romagnoli sarebbe stato talvolta rimarcato da Umberto Romagnoli per dare maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce. I sodali imponevano pagamenti settimanali per il rientro del debito, applicando tassi di interesse pari al 40% mensile per prestiti fino a 5.000 euro. Oltre tale importo si “accontentavano” del 10% mensile, ma, in questo caso, il pagamento era a capitale fermo, in quanto le rate non decurtavano il capitale iniziale. Una vittima, ad esempio, per un prestito di 80.000 euro, è stata costretta a pagare 8.000 euro al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo. Per estinguere il debito, infatti, l’usurato era tenuto a corrispondere l’intera somma presa a prestito più una rata.
In caso di due ritardi nei pagamenti, poi, venivano applicate multe fino all’intero importo della rata non corrisposta. La perfetta sinergia tra il personale della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza ha permesso di smantellare definitivamente l’agguerrito sodalizio, liberando dal giogo dell’usura molte famiglie della Capitale, dove operavano, in prevalenza, i tre soggetti arrestati.

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