Renzi e Conte verso il primo incontro, ma sulla Giustizia è rischio rottura

Matteo Renzi: «Ho chiesto un incontro a Conte». Il premier: «Porte aperte, ci vedremo»
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 08:45

Matteo Renzi e Giuseppe Conte si vedranno la prossima settimana, per la prima volta dalla nascita del governo. Poi il premier, forse nei primi giorni di marzo, andrà in Aula a presentare l'agenda di governo 2020-2023. È il primo tentativo di uscire dallo scontro permanente. Sarà quello il momento per verificare se Italia viva è dentro o fuori la maggioranza, perché il premier chiederà probabilmente il voto su una risoluzione a favore del suo programma. Una conta. Che potrebbe portare allo scoperto anche i primi «responsabili» disposti a passare in maggioranza. L'esito non è scontato. Anche perché Iv continua a marcare le distanze. Alla Camera in una mattinata vota ben 10 volte in dissenso dalla maggioranza.

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E al Senato Renzi è assente al voto di fiducia sulle intercettazioni. Il tentativo di disgelo, racconta il leader di Iv, inizia mercoledì mattina, quando Conte gli manda un «gentile messaggio» dopo aver sentito le sue parole di sostegno alla linea del governo in Ue. Poche ore dopo, in tv, il senatore fiorentino dal salotto di Porta a porta torna ad alzare i toni sul governo, a partire dalla richiesta di abolire il reddito di cittadinanza che fa insorgere i Cinque stelle. Ma a Conte via whatsapp chiede quell'incontro che fino ad ora aveva schivato: «Serve una forma di trasparente chiarezza per mettere fine al teatrino, gli ho chiesto di vederci se lo riterrà utile», annuncia lo stesso Renzi.

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E il presidente del Consiglio, arrivando a Bruxelles per un vertice Ue, conferma che si vedranno: «La mia porta è sempre stata aperta e sempre sarà aperta», dichiara. Ma un incontro a questo punto non basta per ricucire.

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Conte porta il confronto con Renzi fuori dai salotti tv e anche delle trattative al chiuso di Palazzo Chigi: «Farò delle comunicazioni al Parlamento, preannuncerò le misure che riteniamo servano al Paese», spiega il premier che assicura di non essere in cerca di nuove maggioranze. Con ogni probabilità non chiederà, spiegano fonti di maggioranza, un voto di fiducia al governo. Ma un voto su una risoluzione che recepisca il programma 2020-2023. Sia Pd che M5s apprezzano la scelta di un momento per fare chiarezza: «Fatti non parole», dice Nicola Zingaretti e anche Vito Crimi spinge a uscire dai salotti tv. Nel Pd più d'uno è convinto che Renzi abbia chiesto l'incontro a Conte proprio perché aveva capito che il premier avrebbe portato la crisi in Parlamento. E c'è anche chi è pronto a scommettere che Iv voterà a favore del premier, salvo tornare a pungolare il governo dal giorno dopo. A Conte, sibilano, Renzi potrebbe chiedere posti nei cda delle aziende partecipate e di abbassare l'asticella della legge elettorale.

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Ma i renziani negano. «Il Pd, come dice Bettini, ci vuole fuori per avere i responsabili. Se Conte farà un discorso senza aperture vorrà dire che anche lui ci vuole fuori. Ma al premier diremo che non può pretendere di avere i nostri voti senza rispettare le nostre idee», aggiungono. E lo stesso Renzi nella sua newsletter pone quattro temi: il piano shock sulle infrastrutture, che porterà a Conte, il dossier giustizia su cui pende la minaccia di sfiducia a Bonafede («Si fermi prima che sia troppo tardi»), «cambiare o eliminare il reddito di cittadinanza» («Non si tocca», risponde il M5s), la riforma per l'elezione diretta del premier. È una proposta «estemporanea», taglia corto Conte. Mentre il resto della maggioranza e gran parte dell'opposizione snobbano Iv. Contatti si segnalano tra i renziani e Fi: un incontro (smentito dagli interessati) ci sarebbe stato mercoledì sera in Senato, per dialogare anche su altri temi come il reddito di cittadinanza.

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A verbale resta la proposta renziana di un governo istituzionale per proseguire la legislatura. Se la pace non sarà siglata, ora o nei prossimi mesi, Iv potrebbe rilanciarla. Intanto in Parlamento si consuma uno strappo continuo, che irrita non poco Pd e M5s. Sugli ordini del giorno al decreto Milleproroghe Iv vota contro o si astiene per dieci volte, su temi che vanno dalla prescrizione ad autostrade. Al Senato vota la fiducia sulle intercettazioni (su cui il centrodestra farà ostruzionismo la prossima settimana alla Camera) ma Renzi mette a verbale la sua assenza. Anche per questo, quando ci si conterà sulle comunicazioni di Conte, niente viene dato per scontato.

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