Statali, più soldi per il contratto: il Tesoro apre all’ipotesi 100 euro

Statali, più soldi per il contratto: il Tesoro apre all’ipotesi 100 euro
di Andrea Bassi
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 01:08 - Ultimo aggiornamento: 11:55
Il confronto sul rinnovo del contratto degli statali è entrato nel vivo. Ieri, per la prima volta, è arrivata dal governo un’apertura ad aumentare gli stanziamenti per il pubblico impiego. Non è un caso che, accanto al ministro della Funzione pubblica Fabiana Dadone, ieri fossero presenti al tavolo con i sindacati anche due esponenti di punta del ministero del Tesoro: il vice ministro Laura Castelli e il sottosegretario Pierpaolo Baretta. «Lavoriamo per un giusto riconoscimento ai lavoratori», ha detto la Castelli.

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L’obiettivo sarebbe quello di riuscire a mettere nero su bianco un nuovo stanziamento nel Documento di economia e finanza di aprile, che dovrebbe aggiungersi ai 3,4 miliardi già finanziati a regime dal governo per il rinnovo dei contratti. Ma quanti soldi realisticamente potranno essere messi sul piatto dal Tesoro? Il miliardo e mezzo aggiuntivo chiesto dai sindacati, sembra una cifra al momento irraggiungibile. Un obiettivo più a portata di mano sarebbe quello di aggiungere altri 200-250 milioni di euro (che raddoppierebbero per il contributo di Regioni ed Enti locali per la loro parte di finanziamento dei contratti). Una cifra che permetterebbe, quantomeno, di stabilizzare definitivamente il cosiddetto «elemento perequativo», il bonus di 20 euro lordi mensili finanziato nell’ultimo rinnovo del contratto e che, per adesso, grava sui 3,4 miliardi destinati alla nuova tornata negoziale.

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I CONTEGGI
In questo modo, insomma, l’aumento medio si avvicinerebbe ai 90-100 euro lordi mensili citati sia dal ministro Dadone che dal presidente dell’Aran, l’Agenzia che tratta con i sindacati a nome del governo. Ieri durante il tavolo si è anche innescata una polemica che riguarda il taglio del cuneo fiscale. Durante l’incontro la Funzione pubblica ha fatto trapelare la consistenza del beneficio economico che deriva dal taglio del cuneo fiscale per i dipendenti pubblici, una media di 62,2 euro in più per 13 mensilità nelle buste paga di 2,5 milioni di dipendenti pubblici. Ne è nato un botta e risposta con i sindacati. «Non si può chiedere al settore pubblico di rinunciare agli aumenti perché c’è un vantaggio nel cuneo fiscale», è stata la netta replica della Cgil. La Funzione pubblica ha quindi controreplicato spiegando che «i benefici del taglio del cuneo per i dipendenti pubblici non sono mai stati posti al tavolo sul memorandum come alternativi alla contrattazione». Piuttosto «segnalano semplicemente la grande attenzione del Governo al lavoro nel suo complesso quale fattore produttivo». 

Per il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga, quello di ieri è stato «un incontro interlocutorio». Per la Cisl le risorse a disposizione a regime non potranno riuscire a recuperare un gap che vede un disallineamento notevole fra retribuzioni pubbliche e private, che la stessa Aran ha certificato del 12.4%, rispetto al settore industriale. «Penso di aver colto, anche se non c’è stato un impegno da parte del Mef, almeno un’attenzione a considerare un possibile intervento economico aggiuntivo», ha commentato Antonio Foccillo della Uil. Per Massimo Battaglia (Confsal), «serve chiarezza sulle risorse e vanno risolte le vertenze a partire dalla scuola». In attesa di una risposta più concreta da parte del ministero dell’Economia, il confronto proseguirà su una serie di tavoli tematici: dalla contrattazione integrativa, alle decurtazioni per le malattie, fino all’organizzazione del lavoro. 
 
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