Roma, Garbatella compie 100 anni: «Ma quell'anima da paese è rimasta»

Roma, Garbatella compie 100 anni: «Ma quell'anima da paese è rimasta»
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 18 Febbraio 2020, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 17:22

Garbatella è (ancora, per fortuna) così: entri in un cortile a casaccio dei famosi lotti e trovi lei. Come si chiama, signora? «Sono Silvana della Garbatella, che di tutte è la più bella. Mi chiamano così, chieda pure in giro». Anni 87, scialle e bastone appoggiato alla seggiola, dov'è seduta a godersi il viavai dei passanti; sembra il frame di un'altra Italia, che forse sopravvive solo in certi paesini spersi. Invece no, è l'ex borgata che compie 100 anni e ha cambiato sì faccia - e fama - ma non quell'anima di fondo. Quartiere pop, ora, ma popolare, da sempre. «Garbatella è un paese: scendi in strada e ti salutano, ti fermi a parlare, sai i nomi dei vicini, dov'è che capita ancora, a Roma?», interviene Mario Marzi, 79 anni, dirimpettaio di Silvana. Ex impiegato al Comune, è nato e cresciuto in questo spicchio di Roma Sud, che ormai è quasi centro.

Il calendario dei festeggiamenti per il centenario della Garbatella
 


IL RACCONTO
«Mio padre è stato tra i primi ad arrivare: abitava dietro al Campidoglio, poi quando vennero buttate già le case per fare i Fori, come avvenne a Borgo, si trasferì qui insieme agli altri». Facchini dei mercati, operai, manovali. La prima pietra la mise Vittorio Emanuele III, proprio oggi ma cent'anni fa, appunto: 18 febbraio 1920. Ora la festa durerà una settimana, c'è pure una mostra dell'Ater, che nel quartiere ospita ancora 1.900 famiglie, ricorda il diggì Andrea Napoletano. «Reddito medio: 21mila euro. Significa che è una zona ancora a forte vocazione popolare».

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«Prima della guerra c'era un'atmosfera spensierata, da bambini andavamo a fare il bagno al fiume, giocavamo a nizza nei cortili, costruivamo le casette sugli alberi, stando attenti a non farci vedere dalle portiere, altrimenti coi battipanni erano guai...», racconta Ugo Martorelli, per tutti Ughetto, 87 anni, qui da tutta la vita, professione ciabattino: «Ho aperto nel 58, ma a giugno chiudo, i ragazzi con le loro scarpe di gomma non vengono più». Anche i portieri delle case popolari, quelli che governavano gli schiamazzi dei bimbi, non ci sono, ormai. «Nelle loro vecchie case fanno i corsi di pilates». Altri ci hanno fatto le cantine. La guerra è una ferita che i garbatellani delle origini ricordano. «Per un piatto di minestra ci mettevamo in fila dalle suore, giù verso la circonvallazione Ostiense. Una volta ho trovato i morti delle bombe a terra», riprende Silvana.

LA POPOLARITÀ
La patina glam è arrivata dopo. I set, le ficion, anzi una in particolare, I Cesaroni, 2006-2014. L'Italia scoprì la Garbatella. E il finto bar della serie tv diventò vero. «Prima era il circolo dei romanisti, c'era solo il bar dei soci, oggi è sia circolo che bar», ricorda il titolare, Gaetano Mantini, 73 anni. «Mio padre è nato al lotto 30; io al lotto 27. Mia mamma ha 20 nipoti, vivono tutti qua. Chi ci nasce, qui ci resta». Mentre parla, Gaetano svuota il secchione dell'Ama. «Mi hanno dato pure la chiave, eccola, se non lo faccio io...». Al bar dei Cesaroni la gente si siede anche se non prende niente. «Oggi questo per me - dice Gaetano - è il quartiere più bello di Roma. Negli anni 60 quasi mi vergognavo a dire di dov'ero». «Era una zona povera e mal frequentata: c'era un locale, il bar delle catene, dove si diceva che neanche la polizia volesse entrare», ricorda Giorgio Tribuzio, 69 anni, presidente del centro anziani Pullino dove si gioca a bocce e si disputano gran partite di burraco. «Adesso ci vengono i turisti», dice Gaetano.

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Davanti al bar dei Cesaroni arriva difatti una signora da Palermo, Reflex tra le mani. «Posso?» e scatta. «Ci chiedono se possono fare le foto ai panni nei cortili! Cose che non si trovano da altre parti, non in scorci così», confida Filippo Rasetti, 77 anni, motociclista dei vigili in pensione. Anna Ballarini, 80 anni: «Com'è cambiata Garbatella? Prima non c'erano macchine: decidevi se parcheggiare all'ombra o al sole. C'era una sola scuola, col boom delle nascite facevano fare i turni ai bambini perché non c'erano abbastanza aule. E i negozi? Prima tutti casalinghi, idraulici, alimentari. Oggi tutti ristoranti». È pieno anche di gatti che fanno su e giù dalle case in stile barocchetto di quella città giardino che Garbatella doveva essere.
«E mica ci hanno girato solo i Cesaroni: mi ricordo di Pasolini, Lucia Bosè, Moretti, il palazzo di Fantozzi (che sarebbe quello della Regione, ndr). Pure Sordi ha abitato da queste parti, faceva il ragazzo di bottega», racconta Giorgio Sessa, ma tutti lo chiamano Gió er Califfo. Motivo? Ovvio: «Canto Califano ai matrimoni».
 

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