Lotito: «Scudetto Lazio? Tanti fanno il tifo per noi. Milinkovic qui perché si sente importante»

Lotito: «Scudetto Lazio? Tanti fanno il tifo per noi. Milinkovic qui perché si sente importante»
di Alvaro Moretti
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Martedì 18 Febbraio 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 15:52

Claudio Lotito l’aveva detto, in effetti. E si era saputo, in giro. Molti avevano sorriso, altri irriso: lui la Lazio già da un paio d’anni la vede «come una Ferrari». Nei momenti di bassa marea (dicembre 2018, crisetta con Simone Inzaghi) la definirà «ingolfata», la Ferrari biancoceleste ma pur sempre bolide. Alla fine ha convinto tutti, anche il suo allenatore Simone Inzaghi che qualche tempo fa vedeva «5-6 corazzate» davanti al suo gruppo. Ecco, ora che tutt’Italia comincia a credere davvero possibile la sorpresona laziale, ora che – dopo la Juventus, cade contro Immobile e compagni anche l’Inter – ora gli va dato atto.

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Allora, presidente Lotito, la Lazio sembra proprio una Ferrari.
«Sono contento che ve ne ricordiate. Di quella frase, che non era detta per buttare lì una dichiarazione ad effetto. Io ci credevo».
Bisognerà andarsi a leggere le altre frasi celebri per scoprire qualcosa di questo giocattolo laziale.
«Io ci metterei insieme la frase in cui ricordavo, eravamo in crisi, che era finita la stagione dei diritti e cominciava quella dei doveri. La svolta nel gruppo arriva proprio quando tutti hanno cominciato a capire questo: niente rendite di posizione. Devo dare atto ai miei giocatori di aver rispettato chi li rispettava e si stanno comportando da grandi professionisti e da gente di famiglia».
Lei si definiva il pater familias della Lazio e il richiamo alla famiglia l’hanno fatto Milinkovic Savic e Immobile, i marcatori di Lazio-Inter. 
«La più grande soddisfazione della partita di domenica non sono i messaggi e le telefonate, ma la mi entrata negli spogliatoi dopo il 90’: entro e vedo 5 o 6 giocatori arrivare verso di me, piani di adrenalina. Urlavano: visto, presidente, abbiamo fatto quello che hai detto; hai visto presidente, hai visto! Urlavano come matti. E stanno facendo quello che ci siamo detti».

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La telefonata più significativa di queste ore?
«Tantissime, da laziali, ma molti non laziali. La verità è che ci chiedono di rompere il monopolio della Juve, di battere l’Inter. Tifano noi tutti quelli che non tifano Juve e Inter».
Beh, non proprio tutti: pensiamo ai romanisti.
«Diciamo che mi pare non dispiaccia quando i trofei non li vincono i soliti».
Parlavamo di Milinkovic, il Sergente s’è pure vestito da gladiatore. A Sergej ronzano intorno tanti da anni. 
«Mi fa molto piacere sentirlo parlare di famiglia laziale. Noi abbiamo trattato bene lui: abbiamo rivisto il suo contratto più volte, lo abbiamo fatto sentire importante per noi. Stiamo crescendo tutti insieme».
Anche Inzaghi e Tare.
«Alla Lazio si sa che comando io, ma il merito più grande è stato sempre quello di saper scegliere le poche persone di cui fidarmi».

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Quando parlava di Ferrari il meno convinto sembrava Inzaghi. 
«Simone ha capito tante cose ed è molto migliorato in questi anni insieme: ha capito che per andare così avanti, serviva coinvolgere di più ogni pezzo della nostra rosa. L’ha fatto, in particolare in questa stagione, e i risultati si vedono. Tutti si sentono importanti e… indispensabili. Sanno che il tecnico li vedrà. Il turnover era una cosa imprescindibile, ha accettato il rischio e ha cambiato alcune sue convinzioni. Ed è diventato grande. I suoi giocatori gli stanno dando tutto, è evidente».
Immobile diceva: ogni tanto ci mandiamo a quel paese, ma poi la finiamo lì, non ci sono tipi rancorosi.
«È vero, confermo. E le racconto una cosa: molti di loro si frequentano tanto fuori dal campo e si divertono insieme. Mi chiamano per raccontarmi gli scherzi che si fanno. In pratica sono un loro confidente, oltre che pater familias. Quello che mi sorprende di questo gruppo è che non vige il “mors tua, vita mea”, sembrano in competizione solo con gli avversari non con il compagno che gioca. E questo deriva dalle scelte e dalla gestione nuova di Inzaghi».
Quel che succede in campo lo stiamo vedendo, ma il segreto per una serie come questa sta probabilmente a Formello.
«Un giorno vi faremo vedere come abbiamo rivoluzionato il nostro quartier generale: ho preso tanti dei suggerimenti che mi arrivavano proprio dai giocatori. E loro si sentono tutelati: ecco la parola chiave. Alla Lazio si sentono tutelati da me e dalla nostra struttura. Sanno cosa si devono aspettare. Sanno che per me non sono oggetti agonistici: che se non stanno bene, non giocano. Che abbiamo voglia di curarli dal punto di vista fisico, psicologico, familiare».
Ma quanto ha goduto lei, Lotito, al fischio finale di Rocchi?
«In campo si divertono loro, sugli spalti i tifosi, io lavoro. Eppoi, ricordatevelo sempre: Lotito è un animale a sangue freddo»”.

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Questa cosa gliela imputano, però.
«Lo so, ma in momenti come questi servo io, serve il mio realismo per tenere tutti ancorati al terreno e con lo sguardo all’obiettivo». 
Che sarebbe lo scudetto.
«Quello mi chiedevano al telefono da Milano, dal Sud… Io penso alle cose concrete, non ai sogni».
Eppure l’Olimpico, dopo tanti momenti brutti, anche sugli spalti è diventato uno spettacolo. 
«Un modo nuovo per comunicare con il calcio: sarà la prossima rivoluzione. Avete sentito cantare Briga, il violinista e anche il matrimonio in diretta tra i due tifosi americani… Due nuove scenografie mozzafiato sugli spalti. Lo stadio è proprio bello in questa stagione».
Ma proprio americani, come la proprietà della Roma, dovevano essere…
«Erano americani, che ci posso fare? La cosa bella è che si viene come ad un appuntamento irrinunciabile, con una storia nuova che stiamo scrivendo».
E tra record aggiornati e sogni è proprio una stagione di sogni. Sogni tricolori, a sangue freddo.
 

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