Mattarella, un governo che porti al voto, la linea del Colle se salta tutto

Mattarella, un governo che porti al voto, la linea del Colle se salta tutto
di Marco Conti
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Venerdì 14 Febbraio 2020, 00:46
Nel giorno in cui ricuce con il “Celeste impero” e scambia una serie di messaggi di amicizia (che valgono milioni di euro) con il presidente cinese Xi Jinping, si vede piombare sulla scrivania una mezza crisi di governo. Non che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non fosse a conoscenza delle contorsioni della maggioranza, ma essere tirato in ballo mentre non si comprende ancora bene dove vogliono parare le forze politiche che sorreggono il governo, è quantomeno prematuro. Eppure da diversi giorni più di un esponente della maggioranza, impegnato nel braccio di ferro in corso, distribuisce considerazioni sulle mosse del Quirinale qualora la situazione dovesse precipitare. Anche la continua ed esplicita evocazione delle urne assume i connotati di una clava che viene brandita con troppa facilità e forse anche poca cura.

LA SEDUTA<QA0>
In attesa che maturino gli eventi, il Capo dello Stato segue a distanza le mosse dei partiti di maggioranza e di opposizione e, a dispetto delle voci che sono circolate ieri per molte ore, con il presidente del Consiglio ha solo un contatto telefonico dopo l’incontro avvenuto in mattinata in occasione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti. «Consueta conversazione», sottolineano al Quirinale, anche se avviene mentre è in corso la prova di forza tra premier e leader di Italia Viva. Pur non cercando sponde, Conte spiega al Capo dello Stato che intende «andare a vedere le carte di Renzi». Più o meno l’annuncio di una sfida destinata a continuare e che il premier - così sostengono i bene informati - spera di risolvere dimostrando di avere anche al Senato i numeri senza l’apporto di Iv. Alchimie che scuotono poco Mattarella che anche ieri l’altro, in occasione della seduta straordinaria del Csm in ricordo di Vittorio Bachelet, ha invitato tutti ad avere «maggiore coraggio» nel confronto e nella ricerca della soluzione migliore.

Un auspicio trapelato nella telefonata con Conte, anche perché la preoccupazione del Capo dello Stato per il crescente scontro interno alla maggioranza è legata alle difficoltà che tutte le forze politiche incontrerebbero a mettere in piedi un nuovo governo.

Il complesso esito elettorale del 2018 ha infatti reso sin dal primo giorno molto arduo il lavoro del Quirinale. Ancor più in salita si è rivelato il confronto tra le forze politiche dopo la caduta del Conte1. Per immaginare nuove formule politiche con l’attuale composizione del Parlamento, e dar vita ad un nuovo esecutivo qualora dovesse cadere il Conte2, occorre molta fantasia. Soprattutto se si vuole dare al Paese non un governo fragile, ma un’alleanza politica seria e che abbia almeno i presupposti per arrivare alla fine della legislatura. Ipotesi sulla carta inesistenti. A meno che il centrodestra - tutto in parte - non si mostri disponibile ad una sorta di governo d’emergenza che ovviamente archivierebbe l’attuale premier.

Quanto Renzi conti sulla difficoltà che avrebbe Conte nel convincere Mattarella di poter andare avanti con Pd, M5S, Leu e un gruppetto di responsabili messo insieme a palazzo Madama, è difficile saperlo. Certo è che raccogliere “responsabili” tra le fila del centrodestra, mentre si consuma uno scontro sui temi della giustizia, può risultare più complicato.

Ciò che un Paese democratico come il nostro non può escludere nemmeno per un solo giorno, è la possibilità di ritornare dagli elettori anche in una fase resa complicata dall’imminenza di un referendum confermativo su una riforma costituzionale votata dal Parlamento e da due differenti maggioranze. Proprio perché l’ostacolo non può esistere, qualora il Parlamento dovesse sancire l’impossibilità di mettere insieme nuove maggioranze, al Quirinale da tempo si è cominciato a ragionare sul possibile sbocco che possa permettere di accorciare il più possibile i tempi dell’entrata a regime della riforma.

I COLLEGI<QA0>
Nel Pd c’è chi ancora spera di poter convincere il M5S ad accettare la sospensione della prescrizione dopo il secondo grado di giudizio. Qualora l’intesa si dovesse trovare e la maggioranza dovesse andare sotto il 24 febbraio (quando alla Camera si voterà il ddl dell’azzurro Enrico Costa), o dovesse passare la mozione di sfiducia promessa da Iv al ministro Bonafede, le urne potrebbero farsi davvero vicine. Servirebbe costruire un governo elettorale di poche settimane - magari affidato all’attuale ministro dell’Interno Luciana Lamorgese - solo per mettere a punto i collegi elettorali che spalmerebbero gli eletti del Rosatellum sui nuovi numeri del Parlamento. Il tutto potrebbe risolversi in pochi mesi in modo da andare al voto a giugno o al massimo a settembre e permettere al nuovo esecutivo di affrontare la legge di Bilancio.

Scenari ipotetici di crisi che non coinvolgono il Quirinale anche se la rissosità interna alla maggioranza si sta rivelando fortemente improduttiva per il Paese. Una paralisi che preoccupa da tempo, e non poco, il Capo dello Stato.
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