Ricciarelli all'Arena di Verona in una stagione di star: «Il mio cammeo per Muccino»

Katia Ricciarelli sarà Mamma Lucia in Cavalleria Rusticana all'Arena di Verona, regia di Muccino
di Simona Antonucci
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Venerdì 14 Febbraio 2020, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 15:36
«Un grande chef deve saper cucinare anche le uova strapazzate». Il soprano Katia Ricciarelli è la chef, ma anche l’attrice, che racconta perché a 74 anni ha deciso di rimettersi in gioco, tornando a cantare nell’Arena di Verona, accanto a Grigolo, Alagna e alla diva Kurzak.

Dal 13 giugno (repliche fino al 22 agosto) sarà Mamma Lucia, la madre del povero Turiddu, nella Cavalleria Rusticana, opera inaugurale che insieme con Pagliacci, segna il debutto nella lirica di Gabriele Muccino. Ricciarelli, sarà una delle voci della nuova stagione del lirico veronese che vanta nella 98esima edizione una parata di stelle. Cinque opere e cinque serate evento con le più grandi voci della lirica internazionale nei tre mesi di festival, dal 13 giugno al 5 settembre.

Tra le novità, oltre al debutto di Muccino e al ritorno della Ricciarelli, la prossima stagione segna la prima volta del giovane direttore d’orchestra Diego Matheuz e della diva Sonya Yoncheva, in
Traviata (dal primo agosto) con Vittorio Grigolo. Nel cast anche la coppia d’arte e di vita Roberto Alagna e Aleksandra Kurzak, per la prima volta protagonista di entrambi i ruoli femminili del dittico Cavalleria e Pagliacci (dal 13 giugno al 22 agosto). Esordio prestigioso in Arena anche per Aida Garifullina che sarà Violetta in Traviata.  E poi Luca Salsi, Lisette Oropesa, Marcelo Alvarez. Il 28 giugno, gala con Jonas Kaufman; il 7 luglio Domingo Opera Night; il 20 luglio sarà la notte di Roberto Bolle and Friends, mentre il 23 luglio la divina Netrebko canterà con Yusif Eyvazov, Maestri e la Barcellona, mentre il 23 agosto Bosso dirigerà la IX di Beethoven. 

«Torno, però, tranquilli non strapazzo nessuno. È un modo per dire che se anche si tratta di un piccolo ruolo, suona meglio se lo chiamo cammeo, lo farò da grande chef, con l’entusiasmo e la dedizione con cui ho affrontato tanti momenti da protagonista. Diciamo che in Arena più che di un ritorno, si tratterà di un’andata e ritorno. Non credo proprio che ci saranno tante altre occasioni», spiega la cantante che è salita e scesa dalle ribalte di tutto il mondo (i trionfi al Metropolitan, i fischi alla Scala), che è entrata e scappata da storie d’amore da copertina (José Carreras, Pippo Baudo). Ed è riuscita a cambiare abito sempre con sorprendente tempismo: da soprano in
Bohème, suo primo ruolo, ad attrice del cinema in La seconda notte di nozze di Pupi Avati, fino all’ultima fiction di Andrea Porporati, Come una madre”.

Perché ha deciso di accettare?
«Intanto perché qui in Arena mi sento a casa. Anzi, sono a casa. Poi la sovrintendente, Cecilia Gasdia, è un’amica. Ne abbiamo parlato davanti a un piatto di tortellini, non di uova strapazzate, ed eccomi qui. Ma la molla è stata la curiosità. Mi affascina l’idea che un regista abituato al cinema, a storie immediate, venga attratto da un mondo distante mille miglia dal suo. Dove tutto è pura incoerenza».

Dice sul serio? La lirica è incoerente?
«Quello che in un film succede in un istante, in un’opera dura mezz’ora. Allarme!!! Allarme!!! E restano tutti fermi per un’aria intera. Per morire ci si può mettere anche un atto intero e magari, ferito a morte, cacci pure un si bemolle. Ma a parte gli scherzi mi incuriosisce molto come il capolavoro di Mascagni possa essere tradotto dallo sguardo cinematografico di Muccino. Il titolo, verista, comunque si presta. Una bella storia di gelosia e tradimenti e, per fortuna, ci va di mezzo un uomo. Credo che un regista bravo e sensibile come lui possa scavare nella psicologia dei personaggi. E poi a me piace recitare».

Si sente più cantante o più attrice?
«Non credo che siano passioni separate. Una cantante deve recitare. Eppure ci sono ancora molti colleghi che invece di immedesimarsi emettono solo suoni».

Un po’ di timore per questo ritorno?
«Io non ho mai smesso di cantare. Certo non in un’opera, ma ho sempre continuato a esibirmi. Recital, musica barocca, canzoni classiche ma anche Freddie Mercury. Mi diverto, eccome. E sa che cosa penso? Che gli applausi ti gratificano e i fischi ti rendono più forte. Quindi...».

Come quella volta alla Scala, nella Luisa Miller, quando i loggionisti furono particolarmente rumorosi?
«Mi fecero molto male. Ma quella serata fu costruita a tavolino. Mi ero appena sposata con Pippo. Da una parte le invidie e dall’altra un certo mondo accademico, fanatico, che mal vedeva la mia esposizione televisiva».

Dopo una separazione burrascosa, vi siete rincontrati in modo sereno. È contenta?
«Molto. Come se ci fossimo salutati il giorno prima». E Carreras l’ha mai rivisto, una volta finita la storia d’amore? «Sì, per la consegna di un premio. Ma quanti ricordi. Tutti insieme a New York, con Domingo e Mirella Freni, che è appena scomparsa. Facevamo notte a giocare a carte».

In 50 anni di carriera, la bellezza è stata d’aiuto?
«La bellezza aiuta, ma non è indispensabile. Anche perché il teatro un po’ camuffa. Da ragazza vedevo sul palco un tenore, sentivo la voce e perdevo la testa. Quando poi andavo a salutarli in camerino, spesso erano mostri».

Progetti per il futuro?

«Futuro? Non guardo avanti e non guardo neppure indietro.
Il presente basta e avanza».
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