Dario Argento su Radio 2: «Per Profondo Rosso avrei voluto i Pink Floyd»

Dario Argento su Radio 2: «Per Profondo Rosso avrei voluto i Pink Floyd»
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Lunedì 10 Febbraio 2020, 19:02
«In “Quattro mosche di velluto grigio” avrei voluto le musiche dei Deep Purple e in “Profondo rosso” quelle dei Pink Floyd. Sono andato anche a Londra per incontrare i Pink Floyd, loro erano miei fan e conoscevano i miei film, ma loro in quel momento, seppur gentilissimi, stavano facendo The Wall e stavano preparando anche il film, quindi per questa ragione mi dissero che non potevano. Allora mi rivolsi ai Genesis, che invece sarebbero stati in tournèe per due anni. Volevo un gruppo di musicisti inglesi di quegli anni». Lo ha detto Dario Argento nel corso della trasmissione "Le Lunatiche" in onda su Rai Radio 2 ogni sabato e domenica dall’1 alle 5, condotta da Federica Elmi e Barbara Venditti. 

«Sono nottambulo perché dormo poco, non riesco a dormire molto e penso molto - ha spiegato - Nei momenti che non riesco a dormire penso, immagino, seguo le mie idee, i miei sogni, i miei incubi che poi fanno parte dei miei film. Le cose che ci spaventano sono sempre le stesse, nascono da qualcosa di profondo, dalla nostra metà oscura che ci fa immaginare gli incubi. Penso che in questi anno non è cambiato molto, l’importante è la nostra possibilità di immaginare, di vincere le nostre paure profonde, che poi non le vinciamo e le viviamo».

«Da bambino avevo le paure dei bambini, le stanze oscure, i corridoi lunghi senza luce, le nottate in cui cominci a immaginare, sognare, a vivere le brutte emozioni. Erano anche i riflessi dei libri che leggevo, dei film che vedevo, riapparivano la notte e mi perseguitavano leggermente. La mia passione per l’horror nasce da bambino, quando vidi un film in vacanza nelle Dolomiti, “Il fantasma dell’opera”, che mi impressionò molto e l’indomani tornai a vederlo. Da lì cominciai a ragionare su queste situazioni. Poi anche i libri, io ebbi un periodo di febbri che mi lasciarono a letto per alcuni mesi e quando tutti uscivano e restavo solo, pescavo dalla biblioteca di mio padre dei libri e per caso mi capitò la raccolta dei racconti di Edgar Allan Poe. Quelli mi aprirono uno spazio in cui scoprii delle situazioni che non avevo mai immaginato, di fantasmi, allucinazioni. Questo fu molto importante per la mia formazione».

«Alcuni dei miei film che mi sono rimasti nel cuore sono Profondo Rosso, Suspiria, Phenomena. Non mi ispiro alla cronaca nera dei giornali, mi ispiro alle mie allucinazioni, ai miei pensieri profondi, alla mia metà oscura che è lì che lavora, immagina, che mi lascia delle cattive idee.
Una specie di vaso di Pandora che contiene tutte le più grandi allucinazioni, gli incubi, un vaso che sta nella mia anima e che ho sempre paura che un giorno cada a terra, si spacca e tutte queste visioni mi invadano e mi lasciano stravolto. Spero che non accada mai
».

«Su “C’era una volta il west” non ho un aneddoto in particolare, ne ho molti perché abbiamo lavorato insieme per mesi e ne sono successe di tutti i colori, ci siamo dette tutte le cose più assurde. È stato bellissimo e importante lavorare con Bertolucci e Leone, con le sue visionarie idee di inquadrature, con le macchine da presa. Lui non pensava alla scrittura, lui pensava alle immagini, raccontava il film in questi modi immaginifici. È stato bellissimo lavorare tutti e tre insieme. Non ho aneddoti, ho situazioni che accadono, immagini, sogni».

«Io sono molto legato alla parte dei sogni, alla parte onirica, sono un grande estimatore di Sigmund Freud, della psicanalisi, immaginazione dei sogni, la sessualità applicata alla vita. Dopo Freud è cambiato tutto, la letteratura, la pittura, perché lui ha scoperto dei segreti della nostra anima che non conoscevamo».

E sul rapporto con la figlia Asia?
«Mia figlia mi ha seguito sin da quando era piccolissima sui set, quindi conosceva molto bene il mio modo di lavorare e di immaginare, quindi quando poi abbiamo cominciato a lavorare insieme è stata una bellissima collaborazione perché lei mi raccontava le sue immagini, io le raccontavo le miei e insieme, la sera, dopo aver girato il film, mangiavamo insieme e insieme ci raccontavamo i nostri incubi».

Il suo prossimo film si intitolerà "Occhiali neri".
«Di “Occhiali neri” non si può ancora parlare, è ancora lontano, coprodotto con i francesi. È un film giallo secondo la mia vecchia maniera. Dopo questo film dovrò fare una serie televisiva, la differenza tra cinema e serie è che il cinema ha quell’ora e mezza che è il film, invece la serie televisiva si prolunga allungando le storie, cercando il passato, il futuro, è un altro modo di raccontare per immagini. Ci sono storie che si dipanano, personaggi nuovi che arrivano, è interessante questo modo di raccontare». 

 
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