Il Parlamento paralizzato: più cambi di casacca che leggi. A gennaio approvati solo 2 ddl

Il Parlamento paralizzato: più cambi di casacca che leggi. A gennaio approvati solo 2 ddl
di Diodato Pirone
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Venerdì 7 Febbraio 2020, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 17:32

La produttività del parlamento di questa legislatura continua ad essere bassissima. A gennaio, complici la coda delle vacanze natalizie e lo spasmodico sforzo proiettato sulla campagna elettorale emiliano-romagnola, Camera e Senato hanno sfornato appena due leggi. Il conteggio è ordinamente tenuto dal sito Openpolis.it che ricorda come i testi che hanno avuto questo onore siano stati il decreto per il rifinanziamento di Alitalia (che altrimenti sarebbe scaduto) e la legge sul post mortem. Nel corso di febbraio la produttività legislativa è destinata a crescere perché il Parlamento dovrà convertire 4 decreti del governo in scadenza: decreto sistema creditizio del Mezzogiorno, decreto intercettazioni, milleproroghe 2020 e decreto sullo spacchettamento del ministero dell’Istruzione. Ma visti i tempi stretti, e i tanti provvedimenti da approvare, è quindi probabile un massiccio ricorso ai voti di fiducia. Una pessima abitudine che sarebbe stata abolita se fosse passato il referendum di fine 2016 sull’abolizione del Senato e che invece resta una caratteristica della vita parlamentare italiana indifferente al passaggio delle più diverse maggioranze.




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LA DEBOLEZZA DEL PAESE
Del resto dall’inizio di questa legislatura sono state approvate 101 leggi. Niente a che fare con le corse contro il tempo dei parlamentari del triennio Renzi che ad un certo punto lanciò il progetto (parzialmente realizzato, del resto) di varare una riforma al mese. Non solo. A guardare i dati balzano agli occhi due dati che fatalmente finiscono per avere qualcosa in comune: dal marzo 2018, inizio della legislatura, appena 101 le leggi approvate ma ben 102 i cambi di casacca fra i 945 parlamentari eletti. Quest’ultimo è un dato veramente elevato (decisamente più alto di quello registrato nella precedente legislatura per lo stesso periodo di tempo) tanto che alcuni commentatori parlano di “parlamento liquido”. A determinare il boom degli addii dei parlamentari ai partiti nei quali sono stati eletti sono sostanzialmente due fenomeni: il dimagrimento dei 5Stelle e la scissione renziana del Pd. Da inizio 2020 ci sono stati altri 12 cambi di gruppo, che hanno portato il totale della XVIII legislatura a quota 102.

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I transfughi di gennaio e febbraio sono tutti del Movimento 5 stelle: 8 deputati e 4 senatori che hanno lasciato il gruppo per entrare nel Misto. «Un malessere - spiegano a Openpolis -all’interno dei pentastellati diventato particolarmente forte dalla nascita del governo Conte II». Se infatti fino all’estate del 2019 il trend dei cambi di casacca era stato contenuto, con l’avvio del nuovo esecutivo è iniziato un nuovo giro di valzer. Tra i principali protagonisti di questa fase proprio il Movimento 5 Stelle. Il partito infatti da inizio legislatura ha perso 24 parlamentari, 14 deputati e 12 senatori. Una forte emorraggia ha colpito anche il Pd per via della nascita di Italia Viva i cui 46 rappresentanti parlamentari (17 senatori e 29 deputati) arrivano quasi tutti dalle fila democratiche. E’ probabile che dalla transumanza dei parlamentari 5Stelle nasca anche un altro partito Verde o aspirante tale capitanato dall’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti anch’egli uscito dal gruppo grillino. Quest’ultimo gruppo però potrebbe trovare uno spazio autonomo solo alla Camera dove, come sanno in pochi, chi è rimasto “senza gruppo” ha un’opzione in più rispetto al Senato. A Montecitorio, infatti, si può costituire un nuovo gruppo parlamentare purché si raccolgano almeno 20 deputati. A Palazzo Madama, invece, bisogna che i gruppi facciano riferimento a partiti presentatisi alle elezioni. Tanto è vero che i 17 senatori di Italia Viva ufficialmente fanno riferimento al gruppo Psi, partito che era presente sulle schede elettorali del 2018 in alleanza con il Pd. A Palazzo Madama, dunque, gli espulsi M5S o aderiscono a un altro gruppo, o finiscono nel misto. Ovviamente quelle dei parlamentari sono scelte legittime, coerenti con l’assenza di vincolo di mandato prevista dall’articolo 67 della Costituzione. Ma un numero così elevato di “passaggi” segnala un problema di debolezza politica che riflette quella del Paese.

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