Fine vita, Comitato Nazionale Bioetica: «No ad accanimento clinico su bambini terminali»

Fine vita, Comitato Nazionale Bioetica: «No ad accanimento clinico su bambini terminali»
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Venerdì 7 Febbraio 2020, 19:28 - Ultimo aggiornamento: 20:36

Nei confronti di bambini piccoli malati terminali bisogna evitare trattamenti «inefficaci e sproporzionati» che possono portare «ulteriori sofferenze e un prolungamento penoso della vita». Ad affermarlo è il Comitato Nazionale per la Bioetica (Cnb), che raccomanda di mettere sempre al «primo posto il superiore interesse del bambino» e di evitare scelte dettate dalla volontà di «accondiscendere alle richieste dei genitori o per rispondere a criteri di medicina difensiva». Ieri, a intervenire in tema di fine vita, è stata la Federazione degli Ordini dei medici (Fnom), introducendo un'integrazione al codice deontologico che tiene conto della sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito. Oggi a esprimersi con la mozione «Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita» è il Cnb.

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«L'idea di un parere in materia», spiega all'ANSA il presidente Lorenzo d'Avack, «era nata in occasione del caso di Alfie Evans», il bambino inglese affetto da una gravissima malattia rara e che i genitori avrebbero voluto trasferire da Liverpool a Roma. Il suo caso, ricorda il giurista, «fece molto discutere se in situazioni simili, la decisione di interrompere i trattamenti debba esser presa dai genitori o dai medici». Oggi, prosegue, «grazie a tecnologie sofisticate, è possibile mantenere in vita pazienti che fino a qualche anno fa sarebbero deceduti. Tutto ciò rischia però di portare a un aumento di trattamenti inutili e dolorosi, che si configurano come accanimento clinico». Un comportamento che, per quanto riguarda i bambini piccoli, si legge sul parere, è «spesso praticato perché quasi istintivamente, anche su richiesta dei genitori, si è portati a non lasciare nulla di intentato».

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Altre volte, invece, «viene praticato come difesa» da possibili accuse di interruzione attiva dei trattamenti. Di qui la decisione di elaborare il documento, in cui si raccomanda, soprattutto, evitare che il bambino «sia considerato un mero oggetto di sperimentazione». Per aiutare ad orientarsi in decisioni così complesse, il Cnb raccomanda di istituire per legge i comitati etici negli ospedali pediatrici e «integrare nei processi decisionali anche i genitori e persone di loro fiducia». Ai giudici bisognerebbe ricorrere solo come extrema ratio. E, in qualsiasi caso, «il divieto di ostinazione irragionevole dei trattamenti» non deve tradursi «nell'abbandono del bambino» che ha invece a diritto a «cure palliative in modo omogeneo sul territorio».

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