Romano Prodi
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Effetto Pechino/ L’epidemia una zavorra per l’economia mondiale

di Romano Prodi
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Domenica 2 Febbraio 2020, 00:01
L’economia mondiale si trova in una strana situazione: nessuno scossone, un tasso di crescita non molto inferiore a quello dello scorso anno, ma con una serie di elementi di incertezza molto difficili da valutare.
Dato che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è stata proclamata solo poche ore fa, iniziamo le nostre considerazioni partendo dalla Brexit. Il terremoto che dovrebbe fare tremare l’economia europea non provocherà danni immediati. Non aspettiamoci quindi nulla per domattina, ma mettiamo in nota l’arrivo di tensioni che aumenteranno progressivamente durante il lungo periodo delle trattative. Il governo britannico ha infatti espresso l’intenzione di stipulare nuovi accordi commerciali in tutte le direzioni, partendo naturalmente dagli Stati Uniti. Il che complicherà non poco il divorzio con l’Unione. Nulla di dirompente nel breve periodo, ma partirà quasi certamente una serie di rivendicazioni e di conseguenti tensioni.

L’elemento maggiormente destabilizzante per l’economia mondiale rimane tuttavia la politica americana. I messaggi di Trump, difficilmente comprensibili e spesso contraddittori, stanno fortemente danneggiando il commercio internazionale. Anche se finora le azioni intraprese dal presidente americano sono meno allarmanti delle sue esternazioni, il quadro futuro non promette bene per noi europei.

Trump fa infatti uso quotidiano della minaccia di ritorsioni commerciali anche per proteggere interessi nazionali che, nel quadro dei rapporti giuridici consolidati, risultano indifendibili. Ogni proposta europea, anche assolutamente ovvia, come quella di sottoporre a tassazione le imprese americane per i profitti realizzati nei diversi paesi europei, viene seguita dalla minaccia di proibitivi dazi di importazione da parte degli Stati Uniti. Questo nei settori più diversi, dal vino ai formaggi, dalle automobili ai beni strumentali: un vero effetto destabilizzante.

Quest’incertezza non sembra però toccare l’economia americana, entrata ora nell’undicesimo anno di crescita consecutiva. Un’economia spinta da una ripetuta diminuzione dei tassi di interesse e da un disavanzo pubblico che supera la mostruosa cifra di mille miliardi di dollari all’anno. È chiaro che questo deficit, che si avvicina al 5% del Pil, non può durare all’infinito, anche se Trump farà di tutto per continuare a dare combustibile alla spesa pubblica fino alle prossime elezioni. Gli americani si sentono con questo protetti e rassicurati, ma il loro presidente è la più grande fonte di incertezza per l’economia mondiale anche se, nel prossimo futuro, l’economia americana crescerà intorno al 2%, cioè intorno al doppio di quella europea. L’Europa, a sua volta, crescerà il doppio dell’Italia. In un Paese esportatore, come è il nostro, il quadro internazionale precedentemente illustrato non può che fare peggiorare la nostra già precaria situazione.

A moltiplicare ulteriormente le incertezze è arrivato il coronavirus. Le previsioni di conseguenze catastrofiche si moltiplicano, pur in assenza di certezze su come l’epidemia si diffonderà e quale durata avrà la sua fase acuta. 
I danni già in atto sono evidenti: è completamente ferma la vita di una regione che rappresenta una quota non lontana dal 5% dell’economia cinese. A questo si aggiunge la paura del contagio in tutte le altre parti del Paese, con la caduta del turismo, la prolungata chiusura delle fabbriche, degli uffici e dei negozi, compresi i bar e i ristoranti. 

Se tuttavia esaminiamo quanto è avvenuto in casi precedenti come la Sars nel 2003 e, successivamente, la peste aviaria e suina, troviamo che vi è stata una caduta immediata a cui è seguita tuttavia un’altrettanto rapida ripresa. 

Ovviamente non è affatto detto che le cose si ripetano con le stesse modalità perché non si hanno ancora i dati scientifici sulle caratteristiche del contagio e sui tempi in cui possono essere messe in atto le cure e preparati i vaccini. Inoltre, nei casi precedenti, non si sono verificate conseguenze così drammatiche sul sistema dei trasporti interni cinesi e sui collegamenti aerei fra la Cina e il resto del mondo. Del tutto imprevedibili sono inoltre le conseguenze dell’inattesa chiusura del confine fra Russia e Cina. Un confine lungo 2.700 chilometri, attraverso il quale transitano ogni anno oltre cento miliardi di merci. Dobbiamo infine tenere conto del fatto che, ai tempi della Sars, l’economia cinese contava per il 4% dell’economia mondiale mentre, nel 2019, ha superato il 16%. L’impatto sull’economia globale, anche se è per ora impossibile precisarne la dimensione quantitativa, sarà quindi probabilmente assai maggiore.

Mi rendo conto che il paziente lettore può essere addirittura disorientato da queste mie riflessioni che non riescono a fissare in numeri gli avvenimenti che stanno accadendo, ma bisogna onestamente ammettere che viviamo in un momento in cui l’unica cosa certa è l’incertezza. 
 
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