Altaroma, Sylvio Giardina e il fascino dark dell'Haute Couture

Sylvio Giardina_Dark Celebration_credits Altaroma website
di Gustavo Marco Cipolla
3 Minuti di Lettura
Domenica 26 Gennaio 2020, 11:40 - Ultimo aggiornamento: 11:41

«Il nero è un colore che ho adottato tantissimo tempo fa perché mi rassicura, rende eleganti ed è anche simbolicamente abbinato al buio, al sogno e alla riflessione. Dietro al mio ultimo lavoro c’è un’accurata ricerca di tessuti d’archivio degli anni ‘80 e ‘90, i cosiddetti ‘fine pezza’, gli unici metraggi che rimangono di quella particolare stoffa e che non si possono più acquistare o riutilizzare. Così, in assoluto, l’abito è unico e irripetibile. Per il fashion show l’artista viterbese Federico Paris ha creato un mandala che ogni modella cancella calcando la passerella e il fil rouge che lega l’intera collezione sono le texture brillanti, iper-luccicanti e dall'effetto caleidoscopico, con interventi in stile anni ’20 e ‘30  nei look». Dark Celebration è il nuovo progetto di Sylvio Giardina, couturier nato a Parigi che conosce bene la Ville Lumière, in un gioco estetico a metà strada tra l’installazione performativa, come da tradizione del designer appassionato d’arte, e il défilé. Un percorso ideato con cura per parlare in maniera traslata della genesi e delle suggestioni oniriche che hanno portato alla realizzazione dei 12 outfit presentati al Guido Reni District, durante Altaroma, e che compongono la sua Haute Couture primavera-estate 2020.
 

 


Nello studio stilistico di Giardina la catwalk è uno strumento narrativo per cristallizzare gli istanti temporali che passano, prediligendo irregolarità ed estremizzazioni ottiche che si traducono in abiti di alta sartoria. Un coinvolgente show visivo dove, nella sua elegante teatralità, le mannequin diventano attrici di un film personale chiamato moda e si muovono in modo apparentemente casuale regalando dinamicità ai capi che indossano. Giacche dai tagli rigorosi, linee minimal, essenziali, e il fascino intramontabile del total black nel terzo capitolo, l'epilogo, di un libro che lo stilista ha iniziato a scrivere dapprima con il bianco di "Vertygo" e poi con il rosso di "Monocromo" nelle stagioni precedenti. Consuetudini imprescindibili che hanno trovato espressione, ad esempio, anche nei progetti multimediali “Crochet de Lunèville- Studio in fugato per otto ricamatrici e telaio amplificato” a Roma nel 2011 e “Narrative Bodies”, pensato per la Paris Fashion Week nel 2014. L'obiettivo dello stilista è quello di offrire allo spettatore una chiave di lettura intima e fruibile del suo universo artistico e un vocabolario linguistico per decodificare l’alta moda. Quasi a rendere idealmente accessibile la dimensione sacrale dell’atelier sconosciuta ai più. Attraverso il momento espositivo incentrato su format espressivi in continuo mutamento ed interattivi, come la performance o i tableaux vivants, Sylvio Giardina racconta le linee guida del proprio lavoro, ribaltando le prospettive e trasponendo su una piattaforma aperta, democratica e condivisa, l’eccellenza del made in Italy e le caratteristiche tecniche artigiane di cui si avvale. Sino a sfidare i limiti dell’immaginario nei suoi talentuosi virtuosismi sartoriali che sono uno dei pochi segni tangibili dell’Haute Couture in questa edizione della kermesse capitolina.
 
Shooting credits:
Photo: Tania Alineri
Model: Alexandra Molchanova @fashionart wise mgt
Make up:Francesca Bova
Hair styling: Flavio Santillo
Shoes: Ernesto Esposito per Sylvio Giardina

© RIPRODUZIONE RISERVATA