Rigopiano, domani il terzo anniversario della strage. Altre accuse sugli allarmi ignorati

Il sindaco Ilario Lacchetta
di Stefano Buda
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Venerdì 17 Gennaio 2020, 10:45
Domani sarà il terzo anniversario della strage di Rigopiano, con 29 morti nell'hotel sepolto dalla valanga. Intanto arrivano un nuovo atto d’accusa contro i politici della Regione per la gestione dell’emergenza e un nuovo affondo contro una parte degli investigatori. Tornano all’attacco, sul caso Rigopiano, gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, che assistono il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il tecnico comunale Enrico Colangeli nel procedimento principale.

«C’è una concatenazione di fatti con un denominatore comune - affermano i legali in conferenza stampa – quello della cancellazione di ogni traccia relativa alle telefonate di Gabriele D’Angelo». I tre avvocati, fornendo una dettagliata ricostruzione di errori, equivoci e omissioni affiorate nel corso delle indagini, sostengono che quelle telefonate siano «l’evidenziatore della pessima gestione dell’emergenza neve nella nostra regione» e fanno sapere che nei prossimi giorni presenteranno una nuova denuncia al riguardo.

Tutto continua a ruotare, insomma, attorno all’ormai famosa chiamata di D’Angelo, il cameriere che il 18 gennaio del 2017, poche ore prima del disastro, effettuò diverse telefonate per chiedere aiuto ad operatori della Croce Rossa che si trovavano nel Coc di Penne e alla prefettura. Proprio la chiamata in prefettura, misteriosamente rimossa dalle annotazioni raccolte nella sala operativa il 18 gennaio, ha dato vita all’inchiesta sul presunto depistaggio, che vede imputati l’ex prefetto Provolo, i due vice prefetti e altri quattro funzionari. Per Valentini, Tatozzi e Manieri, però, ci sono altri aspetti da chiarire. Contestano in particolare che per quasi due anni - ovvero fino a quando il maresciallo Cameli, si ricordò della telefonata di D’Angelo alla prefettura - nel fascicolo dell’inchiesta madre non erano confluiti il brogliaccio redatto dallo stesso Cameli 8 giorni dopo la tragedia, nel quale si faceva riferimento a quella chiamata, i risultati delle analisi compiute dai Ris sul telefono di D’Angelo e la Pec inviata dal dirigente della mobile Muriana, ai carabinieri forestali, con l’annotazione dell’agente Crosta in merito alla telefonata del cameriere al Coc di Penne. Circostanza, quest’ultima, già chiarita ed archiviata in un altro procedimento.

Resta il fatto, però, che seppure a distanza di tempo e dopo qualche disguido di troppo, quella documentazione nel fascicolo ci è finita. E ci è finita prima che partissero le richieste di rinvio a giudizio. Peraltro il 29 novembre scorso, in aula davanti al gup, è stato lo stesso procuratore capo Serpi a delimitare chiaramente il perimetro, spiegando di non avere ritenuto rilevanti le chiamate di D’Angelo nell’ambito dell’inchiesta madre. Gli avvocati di Lacchetta evidenziano inoltre come 100 pagine di intercettazioni redatte dal Noe, “attestanti un’eclatante mala gestio dell’emergenza neve e delle richieste di soccorso da parte del sistema di protezione civile regionale”, sia stato liquidato “in 5 righe”, come “irrilevante”, da un’informativa dei forestali. Ma anche su questo fronte la Procura ha già spiegato, nelle richieste di archiviazione, di avere escluso responsabilità penali dei politici della Regione, in quanto "nessuno segnalò alla Regione l'isolamento di Rigopiano e tanto meno chiese di provvedere al riguardo".
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