Perugia, flop Nuova Monteluce: il cantiere è fermo ed ora la Tesei tratta con le banche

La nuova Monteluce
di Federico Fabrizi
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Mercoledì 15 Gennaio 2020, 17:10 - Ultimo aggiornamento: 17:15

PERUGIA - Tutto fermo. Perché chi dovrebbe metterci i soldi, le banche, e chi è proprietario, Regione e Università, non si trovano d’accordo. E non è detto che finisca bene. Se ne sta occupando la presidente Donatella Tesei, sollecitata dal sindaco Romizi preoccupato di trovarsi una bella incompiuta in mezzo alla città.
Il fondo Monteluce è un’invenzione di 15 anni fa, messa in pista con l’idea di trasformare un ospedale vuoto in una bomboniera urbanistica. Altri tempi, quando Palazzo Donini arrivò alla velleità di “fare come gli imprenditori” del real estate. Regione e Università, proprietari di edifici e aree del vecchio policlinico, decisero di piazzare tutto in un fondo di cui acquisirono le quote. Alla nuova creatura spettava il compito di reperire finanziamenti - prestiti - per la realizzazione della “nuova Monteluce”. Il progetto era certo un po’ ardito per un ente pubblico ma molto chiaro: al procedere dei cantieri le quote del fondo avrebbero dovuto crescere di valore, sostenendo gli investimenti e magari generando plusvalenza, ma è andata in tutt’altro modo. La crisi del mercato immobiliare ha stravolto ogni previsione, tanto che oggi è complicato immaginare un lieto fine. Il progetto originario prevedeva 65mila metri quadrati di edifici, di cui quasi un terzo quelli destinati ad appartamenti, che potrebbero non vedere mai la luce. La parte commerciale e quella pensata per i servizi è rimasta incompiuta e il problema ora è come andare avanti.
Una decina di anni fa Palazzo Donini tentò di mettere sul mercato le proprie quote del fondo, ma non convinse nessuno ad acquistarle e dovette ricorrere al salvadanaio di casa. Nel 2009 la finanziaria della Regione Gepafini acquistò dalla Regione stessa 63 quote del fondo Monteluce. Fu un’operazione da circa 9 milioni di euro con una clausola speciale nel contratto: l’impegno del venditore a ripagare l’acquirente in caso di perdite straordinarie. Da allora le cose non sono andate meglio e la difficoltà a reperire finanziamenti sono tutte lì. 
Accanto agli spazi assegnati ai privati, ha funzionato la triangolazione tra Università, Ater e Adisu. In pratica l’Ater (l’Agenzia della Regione per l’edilizia residenziale) ha acquistato un paio di blocchi del complesso e li ha affittati ad un’altra agenzia regionale, l’Adisu (Agenzia per il diritto allo studio): lì oggi sono alloggiati 150 studenti e alcuni spazi sono destinati a servizi. Il giochino costa, ma almeno funziona. Anche il Comune di Perugia è in affitto con i servizi anagrafe.
Ma il problema grosso è la disponibilità da parte di chi dovrebbe investire nel fondo. Per proseguire con il cantiere serve un accordo tra istituti di credito e Regione che ad oggi non c’è. Neanche la cessione delle quote funzionerebbe perché il valore rispetto a dieci anni fa è sceso un bel po’. Troppo. Per ora è previsto che il fondo 
Monteluce resti in piedi fino alla fine del 2020: c’è un anno di tempo per trovare un’intesa e far ripartire il cantiere. Detto nei termini del politically correct degli addetti ai lavori: «si punta ad una chiusura ordinata» dell’operazione, che però non è affatto scontata. Se così non fosse, si rischierebbe di arrivare al default e allora sì la “
nuova Monteluce” resterebbe nuova solo a metà.

La governatrice Donatella Tesei ha deciso di seguire in prima persona il dossier, uno dei più spinosi tra quelli ereditati. La speranza di fare il punto entro marzo per far ripartire i lavori al più presto.

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