Secondo l'Autorità l'ingannevolezza dei messaggi derivava «dalla confusione tra il prodotto pubblicizzato EniDiesel+ e la sua componente biodiesel HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), chiamata da Eni "Green Diesel"». Nei messaggi si utilizzavano in maniera suggestiva la denominazione «Green Diesel», le qualifiche «componente green» e «componente rinnovabile», e
altri claim di tutela dell'ambiente, quali «aiuta a proteggere l'ambiente». Ma il prodotto, come spiega l'Antitrust, è un gasolio per autotrazione che per sua natura è altamente inquinante e non può essere considerato green.
Inoltre, scrive ancora l'Antitrust, alcune delle vantate caratteristiche del prodotto, relative alla riduzione delle emissioni gassose «fino al 40%», delle emissioni di CO2 del 5% in media, e dei consumi «fino al 4%», non sono risultate confermate dalle risultanze istruttorie, in quanto parziali (per esempio, non per tutte le emissioni gassose e non in tutti i casi la riduzione risultava raggiungere il 40% e, per i consumi, la riduzione era solo in minima parte imputabile alla componente Hvo denominata da Eni «Green Diesel») ovvero non adeguatamente contestualizzate (per esempio non era adeguatamente chiarito che il vanto di una riduzione delle emissioni di CO2 era riferito all'intero ciclo del prodotto).
Il cane a sei zampe si è detto sorpreso dalla decisione. «Eni ha appreso con grande sorpresa la decisione dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di considerare ingannevolì i claim ambientali e alcune descrizioni prestazionali contenuti nei messaggi pubblicitari relativi al carburante Eni Diesel+ e conseguentemente di sanzionare la società», scrive l'Eni in una nota.
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