Roma, sei anni per una sentenza: processi penali fuori tempo massimo

Sei anni per la sentenza: a Roma processi penali fuori tempo massimo
di Valentina Errante
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Mercoledì 15 Gennaio 2020, 10:00
Sei anni in tutto. La Capitale non è la prima nella classifica delle città lumaca, ma i tempi della Giustizia sono ancora lunghi. Per la definizione di un procedimento penale, dalle indagini preliminari alla sentenza della Cassazione, occorrono in media 2.241 giorni. I sei anni previsti dalla legge Pinto, per la «ragionevole durata del processo», oltre la quale lo Stato è chiamato al risarcimento. E invece è ancora troppo. L’imbuto è sempre la Corte d’Appello dove, in media, si impiegano 1.128 giorni a fronte dei due anni di soglia. La situazione è comunque migliorata rispetto all’ultimo quinquennio, durante il quale, secondo la relazione tecnica del ministero della Giustizia sul progetto di determinazione delle piante organiche della magistratura, duravano invece 1.498 giorni. La causa del ritardo ha origini lontane, a cominciare dalla riforma del 2000, che ha portato all’aumento della produttività dei tribunale senza prevedere di adeguare le Corti d’appello, soprattutto dal punto di vista dell’organico. I dati, però, vanno letti, ci sono processi che hanno corsie preferenziali, sia nel penale che nel civile. E dunque tempi più ridotti. Mentre nel calcolo del ministero rientrano anche i procedimenti giù prescritti.
E c’è anche una buona notizia, come annuncia il presidente della Corte d’Appello di Roma Luciano Panzani: «Ci saranno nove consiglieri in più, prevediamo un incremento di circa duemila sentenze ogni anno». Il nodo dell’organico riguarda anche il Tribunale. E non soltanto per quanto riguarda le toghe. Proprio ieri il presidente del Tribunale, Francesco Monastero, in un vertice, ha illustrato al procuratore aggiunto Nunzia D’Elia e a Panzani la difficile condizione in cui tutti i giorni lavora: 800 amministrativi, a fronte di una pianta organica di 1.200.
A spiegare che non tutti i processi sono uguali e ci sono procedimenti, sia nel penale nel civile, che vengono definiti in tempi più stretti è proprio Panzani.
Nel penale sono quelli con i detenuti e i procedimenti a rischio prescrizione, nel civile le cause di lavoro e quelle della sezione famiglia. « Le pendenze sono diminuite - spiega - il nostro problema rimane l’arretrato, se non avessimo quello saremmo in pareggio. Anche la percentuale di cause sulla legge Pinto è diminuita». Panzani fa riferimento alla “Pinto della Pinto”, un assurdo giudiziario. Ossia procedimenti che duravano troppo a lungo anche per stabilire l’indenizzo per un processo durato troppo a lungo».
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