Roma, stadio, vertice Vitek-Comune. «Ma i tempi sono un’incognita»

Roma, stadio, vertice Vitek-Comune. «Ma i tempi sono un’incognita»
di Lorenzo De Cicco
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Domenica 12 Gennaio 2020, 11:38
Il primo contatto c’è stato pochi giorni fa. In gran segreto, durante le vacanze di Natale, gli emissari di Radovan Vitek si sono presentati al Comune di Roma. Non in Campidoglio, ma nella sede del dipartimento Urbanistica all’Eur. Gli uomini del magnate ceco che ha appena definito l’acquisto delle società del gruppo Parnasi da Unicredit, compresa la Eurnova con i terreni di Tor di Valle, hanno chiesto informazioni sulla complessa operazione stadio, che tra rimandi, errori tecnici e arresti si trascina dal 2013.

I dirigenti del Campidoglio non si sono sbilanciati. Agli uomini dell’imprenditore ceco – che con la sua Cpi ha previsto un investimento di circa 460 milioni per l’ex gruppo Parnasi - hanno spiegato informalmente che la convenzione urbanistica è in fase molto avanzata: la bozza è già stata messa nero su bianco dopo mesi di spigolose trattative con i delegati di James Pallotta e di Parnasi. Lo schema di accordo di fatto rimanda il problema principale del progetto stadio alla prossima consiliatura. Insomma, al prossimo sindaco. Il nodo è la viabilità, che con la costruzione del nuovo impianto e del mega-complesso di negozi, uffici e alberghi rischia di andare in tilt nel quadrante Sud di Roma, come hanno certificato anche gli esperti del Politecnico di Torino, chiamati in causa da Raggi. 

I privati avrebbero voluto allentare il vincolo della «contestualità» tra opere private e pubbliche, in particolare per le corse della malandata ferrovia Roma-Lido, che da delibera del Comune, per l’apertura dello stadio, dovrebbe viaggiare con un treno ogni 3 minuti e mezzo (oggi ne passa uno ogni 20 minuti, se va bene...). L’obbligo della «contestualità» però alla fine è rimasto, anche se la bozza della convenzione prevede che si faccia una verifica sullo stato di avanzamento dei lavori un anno prima del termine. Quindi verosimilmente intorno al 2022-2023, ammesso che il progetto non si impantani di nuovo. A quel punto, se ci sarà uno scostamento non imputabile direttamente al soggetto proponente, si proverà a trovare una soluzione. Quale? Non si sa. Ma come detto, sarebbe affare del prossimo sindaco. Questo è l’escamotage tecnico con cui si è trovata l’intesa sulla convenzione urbanistica. 

C’era un ultimo problema: dopo un’analisi, i tecnici comunali hanno scoperto che alcuni terreni da espropriare, se il progetto stadio venisse realizzato, vedrebbero crescere il loro valore. Una differenza da mettere in conto ai privati: quasi 20 milioni di euro in più rispetto alla stima iniziale. Una cifra che però la nuova proprietà di Tor di Valle sarebbe disposta a sostenere. Dal punto di vista tecnico, gli emissari di Vitek sono stati rassicurati. Il vero nodo è tutto politico: la bozza di convenzione è sul tavolo di Raggi. E aspetta di essere calendarizzata in Assemblea capitolina. Qui nascono i problemi: perché il gruppo del M5S è più spaccato che mai. Non solo su Tor di Valle, progetto che i grillini fino alla campagna elettorale del 2016 promettevano di affossare. La variante che dovrebbe concedere ai proponenti centinaia di migliaia di cubature in più rispetto al piano regolatore, quindi, resta in stand-by. I tempi? Difficili da pronosticare, hanno ammesso i tecnici dell’Urbanistica. Anche nel gruppo grillino circolano le ipotesi più disparate. C’è chi prevede un voto entro la primavera e chi ammette candidamente: «A un voto non arriveremo mai». Insomma, sul calendario dell’operazione stadio restano tante incognite. Senza contare la variabile Friedkin, l’americano che sta rilevando la Roma da Pallotta e che presumibilmente poi vorrà comprare proprio da Vitek i terreni di Tor di Valle.
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