Taiwan, schiaffo alla Cina: Tsai confermata presidente del paes

Taiwan, schiaffo alla Cina: Tsai confermata presidente del paese
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Sabato 11 Gennaio 2020, 20:04

Tsai Ing-wen ha conquistato il secondo mandato alla presidenza di Taiwan grazie al consenso espresso alla sua linea dura nei confronti della Cina da 8,17 milioni di elettori, pari al 57,13% dei voti totali, un livello record mai raggiunto nelle precedenti elezioni presidenziali. Se Tsai ha stravinto il suo referendum, consolidato dalla riconferma della maggioranza parlamentare nelle mani del suo Partito democratico progressista (Dpp), il presidente cinese Xi Jinping ha incassato un duro colpo, vedendo allontanarsi i piani per riportare sotto il suo controllo l'isola 'ribellè che invece ha difeso la sua sovranità, sollevando i dubbi sulle strategie assertive finora perseguite da Pechino. Tsai ha staccato di quasi il 19% il rivale Han Kuo-yu, fermo al 38,61%, il candidato dei Nazionalisti del Kuomintang, partito che ha tradizionalmente buoni rapporti con Pechino. «La Taiwan democratica e il nostro governo democraticamente eletto non cederanno a minacce e intimidazioni: i risultati di queste elezioni hanno reso chiara questa risposta.

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La Cina deve abbandonare la minaccia dell'uso della forza», ha scandito in conferenza stampa Tsai, prima donna a salire alla presidenza di Taiwan. L'isola ha scelto «libertà e democrazia» e ha rigettato l'ipotesi del modello 'un Paese, due sistemi' proposto da Xi per replicare la semi-autonomia concessa a Hong Kong e Macao. Proprio gli scontri, anche violentissimi, anti-governativi e pro-democrazia che da sette mesi stanno scuotendo l'ex colonia britannica hanno contribuito a rianimare da giugno la sorte politica di Tsai, fino ad allora inesorabilmente segnato dalla disfatta delle amministrative di novembre 2018. La guerra dei dazi tra Usa e Cina ha aiutato l'export taiwanese, portato l'economia a crescere di un robusto 3% e fatto decollare la Borsa di Taipei del 47% nel quadriennio della Tsai. Le relazioni molto complesse di Taiwan con la Cina sono la questione politica più urgente da risolvere, insieme a problemi come i salari, la casa e la qualità dell'aria.

Tsai ha promesso, tuttavia, ogni sforzo per la ripresa del dialogo con Pechino. Xi, a inizio del 2019, disse che Taiwan era centrale nel suo piano di «ringiovanimento» della nazione, parte delle ambizioni di fare della Cina una potenza globale entro il 2050. La Cina, affermò Xi fino a ipotizzare l'opzione militare, «deve essere e sarà riunita, requisito inevitabile per lo storico obiettivo del ringiovanimento cinese nella nuova era». La politica «verso Taiwan è chiara e coerente: aderiamo alla riunificazione pacifica e al modello 'un Paese, due sistemi', salvaguardando con forza la sovranità nazionale e l'integrità territoriale», ha affermato Ma Xiaoguang, portavoce dell'Ufficio degli Affari su Taiwan del governo di Pechino. La Cina si oppone «risolutamente a qualsiasi schema o atto di indipendenza». Diverso il commento di Washington: gli Usa «ringraziano la presidente Tsai per la leadership nello sviluppo della solida partnership con gli Stati Uniti e plaudono al suo impegno nel mantenere la stabilità intra-stretto di fronte a una pressione persistente», ha rilevato il segretario di Stato Mike Pompeo. Euforici i commenti sui social a Hong Kong: ad esempio, Tsai e il Dpp sono la quarta vittoria delle proteste dell'ex colonia, dopo lo stop alla legge sulle estradizioni in Cina, lo Human Rights and Democracy Act approvato dal Congresso Usa e le elezioni distrettuali del 24 novembre con il tracollo del fronte pro-Pechino. Per Xi e la leadership del Partito comunista si tratta di due fronti insidiosi aperti.
 

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