Morena Bernardini, è italiana la regina dei missili europei

Morena Bernardini, è italiana la regina dei missili europei: 36 anni, due figli e la direzione delle strategie di ArianeGroup
di Paolo Ricci Bitti
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Sabato 11 Gennaio 2020, 01:32 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 15:54

Morena Bernardini, è italiana la regina dei missili europei. Mentre culla il piccolo Leone, 9 mesi, e dà la merenda a Lutèce, 5 anni, può recitare a memoria tutte le misure del caccia intercettore Eurofighter, oggetto della sua tesi di laurea alla Sapienza, oppure tutti i parametri dell’orbita lunare eccentrica della prossima stazione spaziale Lunar Gateway, che verrà presto costruita usando anche i “suoi” razzi Ariane 6.

«Ma no, non esageri», chiede Morena Bernardini, 36 anni, ingegnere aerospaziale con lode, romana, entusiasmo in ebollizione.





Invece bisogna proprio esagerare perché la scorsa estate («Leone era nato da poco più di un mese») il colosso ArianeGroup ha messo nelle mani di questa donna le strategie dell’azienda che garantisce all’Europa l’accesso autonomo allo spazio. Che assomma migliaia di ingegneri che progettano i razzi di adesso e del futuro in base alle esigenze dell’Agenzia spaziale europea.

Che fornisce alla Difesa di Macron i missili capaci di portare le testate nucleari della forza di dissuasione della Francia, l’unica nazione in Europa ad averne dopo l’uscita della Gran Bretagna.


Come si fa allora a non esagerare se poi si ricordano anche i novemila dipendenti di ArianeGroup, specializzato appunto in vettori spaziali; i 3,6 miliardi di euro di fatturato nel 2018 e infine pure il dettaglio non insignificante che un’italiana parecchio giovane sia stata scelta dal cda quale direttore delle strategie dei lanciatori spaziali del gigante privato composto alla pari dal franco-tedesco Airbus e dalla francese Safran. Francesi, militari compresi, e tedeschi che si affidano a un’italiana di 36 anni?
«Sì, a pensarci, soprattutto tenendo i piedi in Italia, sembra strano, ma si figuri che a Parigi, dopo la lunga selezione che ha interessato numerosi candidati, non hanno fatto una piega neppure dopo che ho ricordato loro che avevo appena partorito e che i miei figli sarebbero sempre venuti prima di ogni cosa. Evidentemente ArianeGroup, per cui avevo lavorato appena laureata prima di passare a Thales Alenia Space per occuparmi di satelliti, ha valutato la preparazione senza alcun pregiudizio di genere, età e nazionalità».


Dice poco.
«In realtà, non avendo mai lavorato in Italia, non so valutare qual è la situazione su questo fronte nel mio paese dal quale tuttavia provengono molto figure eccellenti fra quelle che incontro all’estero. E se non lavorano in Italia forse un motivo ci sarà. E poi naturalmente mi confronto con le mie due sorelle e con i miei genitori. Papà è appena andato in pensione, lavorava per il Poligrafico dello Stato».

E con suo marito, il romano Paolo Persi Del Marmo, ingegnere aerospaziale, ugualmente laureato alla Sapienza, che, studiando i dati della sonda Cassini, ha scoperto un oceano liquido sotto i ghiacci di Titano, la più grande luna di Saturno. Se litigate fate scoppiare il Big Bang.
«Sì (ride), ma adesso si occupa di tutt’altro con una sua azienda a Roma. Quando mi è stato comunicato di essere stata scelta per il ruolo di direttore delle strategie di ArianeGroup abbiamo fatto un bel consiglio di famiglia, ci siamo organizzati e siamo ripartiti. Lui pendolare fra Roma e Parigi, io su stabile con i bimbi e un’agenda ferrea per conciliare tutto. E’ faticoso, ma si può fare e ne vale la pena. A un incontro con donne manager in Francia, una delle più importanti ha detto, rivolgendosi alle italiane, “Fate figli senza stare a preoccuparvi prima di come gestirli”. Sì, bisogna anche sapere delegare, in famiglia e sul lavoro, senza però mai dimenticarsi delle proprie responsabilità».

L’avessimo in Italia una politica di sostegno alla famiglia come quella francese.
«E’ vero anche questo, ma credo determinante nella nostra vita cercare con ogni forza di coronare sia i progetti professionali sia quelli familiari. Intanto in Italia abbiamo un sistema universitario pubblico eccellente, a cominciare proprio dalla Sapienza che dimostra che non è indispensabile studiare in atenei privati e che regge benissimo il confronto ad esempio con le grandi scuole francesi che pure in un certo senso vincolano a caste avvertibili parlando con i colleghi».



Fin da bambina guardava allo spazio?
«Di più: all’asilo “San Giuseppe” disegnavo missili e astronauti per le suore, alle medie sono restata folgorata dal libro “Alice nel paese dei quanti”, poi al liceo scientifico “Peano” fisica e matematica mi hanno rapito tanto quanto la letteratura italiana e francese dell’Ottocento. E alla Sapienza, dopo quei 53 infiniti esami, ho avuto modo di poter contare anche su Roberto Vittori (astronauta dell’Agenzia spaziale europea e generale pilota dell’Aeronautica militare attualmente distacco all'ambasciata italiana a Washington, ndr) per la tesi incentrata sul modo di lanciare satelliti in orbita attraverso gli Eurofighter (progetto effettivamente sul tavolo a Pratica di Mare, ndr)».


Ariane 64 e Vega C

ArianeGroup è fondamentale anche per l’azienda Avio di Colleferro che costruisce in gran parte il razzo europeo Vega, di fatto un’eccellenza italiana, in attività dal 2012 e inizialmente malsopportato dai francesi per la possibile concorrenza con i razzi Ariane. La sua nomina sancisce anche la pace su questo versante?
«Guardi, ero giò nell’ambiente e credo che questa rivalità sia stata molto presunta».

Insomma. Ricordiamo quei sorrisi un po’ a denti stretti dei francesi allo spazioporto di Kourou al primo lancio di Vega.
«Sia come sia – continua la Bernardini, mba all’Insead, - ora c’è la massima collaborazione, così come con gli altri paesi europei partner, perché i vantaggi sono reciproci e perché non c’è un’alternativa alla massima collaborazione e complementarietà se si vuole reggere la concorrenza di sempre più rivali pubblici e privati di Usa, Russia, Cina, India e Giappone. Ariane ha appena festeggiato i 40 anni di attività e 250 lanci e fin dall’inizio a Colleferro sono stati costruiti i suoi booster (razzi ausiliari). La nuova versione Ariane 6 (mastodonte alto 62 metri, un grattacielo di 21 piani, in grado di raggiungere l’orbita cislunare con 8 tonnellate di carico) prevede 2 o 4 booster, che poi sono anche il primo stadio (il motore P120) di Vega. Collaborando, mettendo in comune tecnologie e risorse, Ariane 6 costa il 40% in meno dei predecessori. Così Avio continuerà a costruire 20/24 booster l’anno per Ariane e almeno altri quattro P120 per i suoi lanci con la versione Vega C. ArianeSpace può così offrire Vega C per carichi (satelliti) fino a 2,5 tonnellate per le orbite basse, poi viene Ariane capace di portare fino a 12 tonnellate. Avio, in altre parole, è partner al 10% nella produzione di Ariane e in Italia, uno dei paesi più importanti nella frontiera spazio, si deve davvero essere orgogliosi sia di Vega sia di Ariane».

Senza accesso autonomo alla spazio l’Europa non va da nessuna parte, prima ancora che sulla Luna o su Marte?
“E’ così. Che lo spazio sia da tempo decisivo per la nostra vita terrestre è vero fin dal lancio dello Sputnik e non parlo solo di business in senso stretto, magari pensando all’enorme e crescente mercato delle comunicazioni che sta spingendo aziende a portare in orbita costellazioni di migliaia e migliaia di piccoli satelliti in orbite basse quando fino a pochi anni si puntava su grandi satelliti in orbita geostazionaria (a 36mila chilometri dalla Terra). Penso anche alla ricerca scientifica e ad altre migliaia di attività nemmeno immaginabili senza un collegamento con lo spazio. Del resto Ariane nacque 40 anni fa perché gli Stati Uniti erano sì disponibili a portare in orbita un satellite francese, ma poi limitandone l’uso. Possiamo augurarci allora, come cittadini europei, di dipendere da altri per arrivare nello spazio? E poi, pur con risorse economiche limitate rispetto alle grandi potenze (il budget della Nasa è 10 volte quello dell’Esa), la tecnologia europea è sempre all’avanguardia anche grazie al grande contributo dell’Italia. Inoltre si impone il tema di un’Europa forte, unita, pronta a mettere risorse e conoscenze in comune come in effetti avviene con l’Esa. E’ la stessa politica di Trump che ci impone di lavorare tutti insieme”.

Se si riferisce alla recente istituzione americana della forza aerospaziale (la sesta forza armata negli Usa) fortissimamente voluta dal Presidente, bisogna ricordare che anche Macron pare volere seguire questa strada con una force de frappe spaziale.
“Credo che il presidente francese, convinto europeista, intenda un’eventuale forza continentale e non certo solo transalpina perché, lo ripeto ancora una volta, l’Europa può essere incisiva nello spazio solo se unita”.

La sua nomina in Francia ha destato forte interesse nei media: alla sua prima intervista in tv, per metterla a suo agio le hanno subito chiesto se l’Ariane 6 non rischia di nascere già obsoleto rispetto ai razzi lanciatori di nuova generazione che prevedono il recupero del primo stadio, vedi SpaceX di Musk e Blue Origin di Bezos.
“E’ facile ribattere che è vero il contrario. Per adesso non c’è alcuna evidenza che il recupero del primo stadio dei lanciatori sia economicamente vantaggioso. Gli stessi produttori indicano vantaggi dopo 10 utilizzi. Questo vuol dire che per giustificare il riuso degli stadi servono grandi numeri: negli Usa l’anno scorso hanno lanciato 34 volte e nella Cina 36. In Europa siamo a 11 e più di tanto non sarà possibile fare, nonostante ArianeSpace, che commercializza i nostri razzi, abbia sempre un buon portafogli di commesse. Ecco quindi che per Ariane 6, progettato e realizzato in appena quattro anni (entro quest’anno i primi voli di qualifica, ndr), ci siamo piuttosto concentrati sulla riduzione dei costi di costruzione, appunto ridotti del 40% grazie a sinergie fra paesi e tecnologie avanzatissime come la realtà aumentata o virtuale e l’intelligenza artificiale, per di più nel rispetto dell’ambiente. E poi la duttilità dell’ultimo stadio con motore riaccendibile più volte per collocare più satelliti in orbite diverse. Mi lasci anche dire che la qualità, l’innovazione e l’affidabilità dei nostri motori sono di gran lunga migliori. E sono anche molto ecologici degli altri. Questo non toglie che ArianeGroup con il progetto Themis stia comunque già studiando il tema del recupero degli stadi dei lanciatori”.

Per ora non si parla di portare navicelle con equipaggi?
“Per ora. Detto che molte delle attività nello spazio potranno essere affidate a robot, i vettori di ArianeGroup saranno pronti ad adattarsi a eventuali richieste del mercato”.

E il turismo spaziale? Lei lo farebbe un giro magari con Virgin Galactic se le avanzassero 250mila dollari?
“Le prospettive sono certo affascinanti, ma personalmente ritengo lo spazio un po’ più in là degli 80 o dei 100 chilometri di quota offerti a queste prime generazioni di turisti spaziali. No, non mi accontenterei. Non direi invece no a una gita sulla stazione spaziale internazionale”.

Con 50/60 milioni di dollari passa la paura e si parte.
“Ecco, pensiamoci. A ogni modo tra pochi anni si torna sulla Luna e i razzi Ariane faranno la loro parte”.

Paolo Ricci Bitti





















 

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