Precipitati dal Gran Sasso, il parroco al funerale: «Basta suonare le campane a morto»

Funerale ragazzi precipitati sul Gran Sasso
di Patrizio Iavarone
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Domenica 29 Dicembre 2019, 09:37
«E’ un Natale molto diverso» esordisce il parroco Don Vincenzo, una festa rovinata da un duplice lutto che ha sconvolto e straziato il piccolo centro di Corfinio. Nella cattedrale di San Pelino, ieri, per i funerali, c’erano tutti: i parenti, gli amici, gli scout, i paesani, quelli del Soccorso alpino e i compagni di falesia con la corda in mano, simbolo di una passione condivisa e pulita che ad Andrea Antonucci e Ryszard Barone, 28 e 25 anni appena, è costata la vita. Le bare dei due ragazzi morti giovedì scorso mentre scalavano la ferrata Ricci nel versante orientale del Gran Sasso, arrivano davanti alla maestosa chiesa mentre fuori comincia a nevicare, «un ultimo omaggio della montagna ai nostri figli» commenta un anziano del paese.

Un paese in lutto, formale e sostanziale, perché le centinaia e centinaia di persone che affollano la chiesa e quelle che restano fuori in silenzio, non hanno parole e commenti da fare, solo lacrime e dolore. «E’ un prezzo troppo alto per Corfinio - dice il parroco - Andrea e Ryszard erano qui il giorno di Natale in questa chiesa e mai avrei immaginato che ci rientrassero così. Ma dobbiamo andare avanti, perché sono loro a chiedercelo. Siamo gente tosta». Don Vincenzo avrebbe preferito il silenzio "perché Rachele non può essere consolata" dice citando un passo del Vangelo e invita tutti ad evitare per la notte di San Silvestro di sparare i botti. «Devono essere giorni di preghiera e riflessione» aggiunge. Poi sul pulpito sale la fidanzata di Ryszard, la voce spezzata come il cuore, i ricordi di quattro anni trascorsi insieme: l’università, i viaggi e i progetti per il futuro: «Dovevamo fare ancora tante cose insieme - dice rivolta alla bara - imparare a sciare, scalare il Cervino, aprire la prima via in falesia. Mi hai fatto conoscere la montagna, apprezzare la sua bellezza», «bella perché dura - aggiunge il portavoce degli Scout di cui Barone era membro e guida - ci hai sempre spronato a vincere la fatica e ad arrivare in cima. Ed ora tu hai scalato la cima più alta. Siediti e aspettaci, non sappiamo quanto ci vorrà, ma prima o poi ti raggiungeremo».

La fede, la speranza e la convinzione che Andrea e Ryszard siano morti mentre facevano quello che più amavano, sono i pochi appigli di cui dispone una comunità sconvolta dal dolore che, dice ancora il parroco, «pensava di aver dato già abbastanza in termini di giovani vite. Su questo tappeto avrei voluto sposarvi e non darvi l’ultimo saluto». Se l’era promesso Don Vincenzo di non voler più celebrare funerali di ragazzi e invece il destino ha riservato ancora due sacrifici ai corfiniesi, «non ce la faccio e non voglio più suonare campane a morto». Non nevica più quando al termine della funzione i due feretri escono dalla chiesa: Ryszard viene portato a spalla dal padre e dai familiari lungo il vialone che costeggia la cattedrale, Andrea accoglie sul carro funebre i pianti dei suoi parenti. Saranno tumulati nel cimitero. Insieme, ancora, per l’ultimo viaggio, l’ultima scalata.
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