"Pinocchio", al Museo del Tessuto di Prato in mostra i costumi del film di Matteo Garrone

Pinocchio e Geppetto_Foto Greta De Lazzaris_Courtesy of Press Office
di Gustavo Marco Cipolla
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Lunedì 23 Dicembre 2019, 10:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 18:52

Al Museo del Tessuto di Prato, dal 21 dicembre fino al prossimo 22 marzo, la favola dark per il cinema rivive in "Pinocchio nei costumi di Massimo Cantini Parrini dal film di Matteo Garrone". Un percorso espositivo fatto di immagini, bozzetti, foto di scena e abiti realizzati dal pluripremiato costumista fiorentino, per tre volte di seguito vincitore ai David di Donatello e allievo del Premio Oscar Piero Tosi, ma anche collaboratore di Gabriella Pescucci, pure lei Academy Award, che lo vuole accanto a sé nelle grandi produzioni internazionali di celluloide e teatro lirico. Oltre trenta le creazioni pensate per la pellicola del regista romano, nelle sale dallo scorso 19 dicembre distribuita da "01 Distribution", con Roberto Benigni nel ruolo di Geppetto, Gigi Proietti nei panni del burattinaio Mangiafuoco, Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini in quelli de “Il Gatto e la Volpe”.
 

 


La prima sezione della mostra temporanea è dedicata a Massimo Cantini Parrini che affianca alla sua professione la passione per gli abiti d’epoca, collezionati fin dall’età di tredici anni con una raccolta di oltre 4mila pezzi, che spaziano dal 1630 al 1990, tutti originali e di stilisti iconici, che per lui sono soprattutto fonte di ispirazione per il suo lavoro come ne “Il racconto dei racconti” del 2015 e “Dogman” del 2018, sempre per la regia di Garrone. Un grande videowall riporta stralci di interviste in cui Parrini parla del suo archivio e del processo creativo che sta dietro al disegno di un costume, intervallati da frame tratti dal backstage delle riprese di "Pinocchio". Un’intera parete è dedicata ai suoi sketch, fra ritocchi digitali, sapiente tecnica manuale e documentazione fotografica, mentre una teca custodisce alcune cartelle di lavoro contenenti le diverse campionature dei tessuti poi utilizzati per le creazioni, evidenziandone lo studio accurato e la minuziosa ricerca estetica per ogni singolo abito o accessorio. Sette i capi d’abbigliamento storici del XVIII e XIX secolo provenienti dalla sua collezione privata accompagnati da figurini di moda che invece appartengono al Museo. Sfilano su una lunga passerella un abito femminile da ballo in maschera del 1898 che ispira le atmosfere circensi e l’abito da cerimonia del 1834-1836 che, per la foggia, diventa l'idea per l’abito della Fata turchina. Poi la veste da camera della fine dell’’800, spunto per il personaggio della tata-Lumaca e un abito da cerimonia da bambino che si trasforma nel modello per la casacca del protagonista di legno. Ci sono una preziosa marsina della fine del XVIII secolo che ispira il costumista per i vestiti di Geppetto e una giacca in panno casentino di taglio sartoriale per il Grillo parlante. E, ancora, un look da uomo della seconda metà del XIX secolo dal fascino dandy per gli outfit de “Il Gatto e la Volpe". Nella seconda area dell’esposizione il tributo alla nuova opera dalle sfumature burtoniane involontarie di Matteo Garrone, che nella trasposizione cinematografica rimane fedele alla storia di Carlo Collodi guardando alla pittura dei Macchiaioli e alle illustrazioni di Enrico Mazzanti per regalare allo spettatore il ricordo, targato anni ’70, dell'avventuroso sceneggiato televisivo di Luigi Comencini in cui il grande Nino Manfredi interpretava Geppetto e Gina Lollobrigida la Fatina. Dei 32 costumi esposti, 25 sono stati confezionati dalla Sartoria Tirelli, 5  dalla Sartoria Costumi d’Arte Peruzzi, 2 da Cospazio 26, invece le parrucche sono di Rocchetti e Rocchetti. L’abito del falegname padre del burattino è composto da un frac in tela di lino, pantaloni corti sotto il ginocchio e un gilet a righe. Con un richiamo alla tradizione popolare toscana e ai fregi di memoria napoleonica. La piccola giacca in camoscio color muffa riecheggia il taglio del primo frac, capo apparso alla fine del '700 ma perfezionato agli inizi degli anni '20 dell’'800 per il Grillo parlante, personalità dotta e colta che indossa un pantalone corto e un cravattino con fiocco al collo che gli conferisce autorevolezza. Una pedana ospita il Mangiafuoco e gli 8 burattini del suo teatro. Per lui un cappotto nero di fustagno di cotone, maglione di lana abbinato al pantalone e cappello di feltro. Di fronte i personaggi della Commedia dell’Arte: Colombina, vestita con un bustier steccato, corpetto in velluto e gonna di cotone stampato, decorato da nastri con applicazioni di tulle e nappine, Gianduia con giacca di pilor con manopole e alamari in passamaneria, pantalone al ginocchio in raso di seta e gilet bordato, il Diavolo con un abito di velluto e applicazioni di strisce sagomate a fiammella bordate di passamaneria e corredato da un pantalone di panno. Il costume di Pinocchio, interpretato dal piccolo Federico Ielapi, è in jacquard dall'effetto increspato, come se fosse stato cucito dall'unica vecchia e pregiata coperta di Geppetto.
I celebri abito di carta e cappello di mollica di pane diventano per Parrini una sorta di total look perché, per esigenze sceniche, sarebbe stato impossibile gestire continui cambi d'abito con i mutamenti climatici del set. Il colore scelto è il rosso e simboleggia la rabbia, l’amore, la vita e la vergogna. Tutti elementi fondamentali che fanno parte della narrazione fiabesca. In garza di cotone, stoffa che ha permesso di invecchiare il costume mantenendo la sua leggerezza,quello della Fata turchina, con accenti romantici, ottocenteschi e una tonalità diafana che sposa i suoi capelli argentei. La mise della Lumaca è spettacolare e rappresenta il suo essere flemmatico, proprio come immaginata da Collodi: una vestito da camera con coprispalle e cuffia, la tipica tendeza da mattina seguita dalle signore dell’'800, nella fattispecie da una bambinaia. Tutù con busto di velluto maltinto per la ballerina. La  donna cavallo e quella a tre teste sono i personaggi femminili dipinti con maggiore fantasia e indossano creazioni da sogno, molto complesse per manifattura. Il catalogo dell’expo sarà pubblicato a gennaio 2020 da Silvana Editoriale.

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