Libia, missione Italia: si cerca l'ultima mediazione con Haftar

Libia, missione Italia: si cerca l'ultima mediazione con Haftar
di Cristiana Mangani
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Lunedì 16 Dicembre 2019, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 12:13

L'Italia ci riprova in Libia. Dopo mesi di disinteresse e una energica spinta arrivata dall'inviato dell'Onu Ghassan Salamè, domani il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sarà in Tripolitania e anche in Cirenaica. Il capo della Farnesina troverà ad accoglierlo una situazione non facile. Vedrà Fayez al Serraj e, probabilmente, avrà anche un incontro con Khalifa Haftar, il generale che tiene sotto pressione da mesi il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite e che ora si dice pronto a sferrare «l'attacco finale» contro Tripoli, forte dell'appoggio di mercenari e di armi russe.

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Per preparare questo incontro, venerdì scorso, a Bengasi, è atterrato un C130J, aereo militare italiano, con a bordo uomini dell'Aise, il nostro servizio segreto esterno. Segnale che le trattative, almeno a livello diplomatico e di intelligence, non si sono mai interrotte. E questo nonostante il crescente coinvolgimento di Russia e Turchia nel dossier libico.

IL DOCUMENTO
Il governo di Roma è orientato alla definizione di una posizione comune europea ed è in quest'ottica che va letto il mini-vertice sulla Libia voluto dall'Italia con Francia e Germania che si è tenuto nei giorni scorsi. L'obiettivo è quello di evitare in Libia uno scenario siriano, e l'Europa intende farlo anche puntando alla conferenza che la Germania sta cercando da tempo di convocare a Berlino. Un appuntamento che - secondo Agenzia Nova - dovrebbe tenersi nella seconda metà di gennaio, ma che il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha pubblicamente bollato come inutile.

SERRAJ A ISTANBUL
La comunità internazionale resta preoccupata e c'è molta attenzione alla visita di Di Maio in Libia. Anche se ieri, mentre Serraj si recava in visita a Istanbul dal presidente Recep Tayyp Erdogan, dall'Egitto arrivava l'ennesima bordata contro Tripoli. Il governo di unità libico - ha attaccato il presidente Abdel Fattah al Sisi - «non ha un vero libero arbitrio», perché «è stato preso in ostaggio dalle milizie armate e dai terroristi». E il riferimento è soprattutto ai Fratelli Musulmani.

Il Cairo è tra i sostenitori di Haftar, insieme con i sauditi, gli Emirati e la Russia, e ha denunciato con forza l'accordo bilaterale tra il governo Serraj e il principale avversario di Sisi, Erdogan. Con la Grecia e Cipro ha avvertito sui rischi dell'intesa sui confini marittimi, con la quale Ankara punta a estendere le trivellazioni. Mentre i suoi alleati libici dell'est hanno lanciato l'allarme su un accordo militare che presuppone l'arrivo di blindati turchi a Tripoli «presto». Forse proprio per questo l'ambasciata libica al Cairo ha chiuso ieri i battenti «a tempo indefinito» a causa di «ragioni di sicurezza». Secondo alcune indiscrezioni, diversi elementi dello staff diplomatico, a cominciare dall'ambasciatore, avrebbero chiesto di rompere i rapporti con il governo di unità di Serraj e di schierarsi definitivamente con le forze dell'est guidate da Haftar.

GLI APPOGGI
Nel frattempo, Serraj ha incontrato a Doha i rappresentanti turchi e quelli del Qatar. Doha, attraverso l'emiro Tamim bin Hamad Al Thani, si è detta pronta a sostenere Tripoli «sia sul piano economico che della sicurezza» per «ripristinare la stabilità» nel paese africano. Intanto, se l'accordo sulla delimitazione dei confini marittimi è stato presentato dalla Turchia all'Onu per ottenerne la registrazione, quello militare è finito sul tavolo del Parlamento di Ankara, che si appresta ad approvarlo. Il testo prevede - se richiesto da Tripoli - l'invio di armi ed equipaggiamenti, e la creazione di una Forza di reazione rapida nella capitale libica. Un impegno che Erdogan potrebbe avere confermato a Serraj già durante l'incontro di ieri.

Mentre a distanza di qualche ora è intervenuto contro gli Stati Uniti, per via delle tensioni create dal riconoscimento del genocidio armeno. «Se necessario - ha avvertito - potremmo chiudere la base aerea di Icirlik e la stazione radar di Kurecik, che ospitano i militari americani. Ci dispiace che la polarizzazione della politica interna degli Stati Uniti abbia avuto conseguenze negative per noi e alcuni gruppi seguano i loro interessi per indebolire Trump», ha aggiunto, sottolineando che «è molto importante per entrambe le parti che gli Usa non adottino misure irreparabili per le nostre relazioni».

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